Omelia
per l’Ordinazione Presbiterale
dei Diaconi Fabrizio Caponio e Donato Goffredo
Chiesa “Maria Madre della Chiesa” in Altamura
5 gennaio 2017
Primi Vespri della Solennità dell’Epifania del Signore
Sorelle e fratelli carissimi,
un gioioso, cordiale e fraterno saluto a tutti e a ciascuno di voi: ai fratelli Vescovi Mario e Giacinto, ai Presbiteri diocesani e non, al Rettore e agli Educatori del Seminario Regionale di Molfetta e del nostro Seminario Diocesano, ai Diaconi e ai Seminaristi, alla Comunità parrocchiale di S. Maria del Carmine, che ci ospita, alle Comunità parrocchiali di S. Giovanni Bosco in Altamura, di S. Erasmo in Santeramo in Colle, di S. Pietro Apostolo in Spinazzola e a quanti provenienti dai “quattro venti” della nostra Diocesi.
Benvenuti a questa Celebrazione Eucaristica, nella Solennità dell’Epifania del Signore, per l’Ordinazione Presbiterale dei nostri carissimi Diaconi Donato e Fabrizio, che idealmente abbraccio e abbracciamo con molto affetto e con molta gioia, insieme ai loro genitori e fratelli e familiari tutti.
Abbiamo ascoltato gli splendidi brani biblici, che sono stati proclamati nella Liturgia della Parola di questa Solennità: dall’avvincente racconto evangelico dell’avventuroso viaggio di questi misteriosi Magi – e la nostra fantasia s’è nuovamente accesa, nell’immaginare le notti stellate del deserto e il lento incedere dei cammelli sotto il sole cocente – alla visione luminosa e profeticamente universalistica di Isaia su Gerusalemme, fino alla rivelazione del mistero, cioè del progetto di Dio per tutta l’umanità, che l’apostolo Paolo confida agli Efesini.
Una misteriosa stella, dunque, guida i Magi, ma non si ferma su Gerusalemme, bensì “sul luogo dove si trovava il bambino”, una stalla, una mangiatoia e Maria, la madre del bambino: questa, sorprendentemente, è la nuova Gerusalemme! È il compiersi, ma in una visione completamente diversa – anche se in qualche modo aperta alla universalità della salvezza – della profezia di Isaia: non lo splendore della Gerusalemme e del Tempio ricostruiti dal popolo di Israele al ritorno dall’esilio babilonese; non un fiume di “figli che vengono da lontano e di figlie portate in braccio, …né stuoli di cammelli e di dromedari …né oro e incenso”, ma la gioia che esplode nel cuore dei Magi e l’umile gesto del prostrarsi e dell’adorare quel “misterioso” Bambino degno di regalità (l’oro) e di onore (l’incenso), ma debole e fragile (la mirra).
E Paolo, ricordando l’Epifania da lui vissuta nell’evento della conversione-vocazione, scriverà che in Gesù Cristo, nella Sua Incarnazione-Passione-Morte-Risurrezione-Ascensione, non solo Israele, ma i Gentili, cioè tutti i popoli, sono “co-eredi”, “con-corporati” e “com-partecipi” della grazia del Vangelo.
Sorelle e fratelli, la luce dell’Epifania del Signore inondi la Chiesa, inondi la “nostra” Chiesa diocesana, e ne faccia una comunità senza mura e senza porte, dove chiunque giunga “da lontano” trovi e incontri Lui, il Signore!
Spazziamo via le chiusure mentali, molto più gravi del chiudere le porte in faccia; scacciamo pensieri di superiorità e di detentori della verità, che tra l’altro dovremmo “difendere con amabilità e rispetto”; rimettiamoci in cammino anche noi con umiltà, facendoci compagni di viaggio di chi cerca speranza, amore, accoglienza e desidera sedersi a tavola, per condividere il pane della carità e della fraternità!
Donato e Fabrizio carissimi, qui, dopo il Signore, i nostri occhi sono puntati su voi due; e sono certo che questi sguardi voi ve li sentite addosso, perché anche voi, oggi, in qualche modo, siete allo stesso tempo Epifania del Signore e Magi in cammino verso di Lui.
Siete Epifania del Signore, manifestazione della Sua misericordia, rivelazione di un Dio che, nel Suo Figlio Gesù, ama questa umanità senza limiti e senza misura e se ne prende cura, scegliendo e inviando uomini che con coraggio, con audacia e con dedizione, guidino il suo popolo. Uomini fragili e deboli, certo, ma che la forza dello Spirito Santo investe, dalla testa ai piedi, e trasforma in pastori buoni, a immagine di Cristo, Buon Pastore.
Voi siete qui, oggi, perché un giorno avete visto – come i Magi – “la Sua stella” e l’avete seguita, mettendovi in cammino. Siete qui, perché un giorno avete sentito il fascino di quell’invito: “venite e vedete” e …ci siete rimasti! Non dimenticate mai, né quella visione, né quella voce: ve lo auguro e ve lo auguriamo con tutto l’affetto!
Tra qualche momento, anche voi vi prostrerete: una postura, che significa il vostro niente di fronte alla chiamata di Dio, ma anche l’ascolto, a cuore a cuore, del battito di quella terra che invoca “misericordia e verità, giustizia e pace”!
Offrite anche voi, oggi, al Signore, alla Chiesa, che ne è il Suo volto, e fatelo per sempre, senza rimpianti e nostalgie, con trasparenza di gesti e di parole, oro, incenso e mirra: l’oro di un’esistenza presbiterale che – lungi da ambizioni, sogni di gloria e autoreferenzialità – riconosca in Gesù Cristo e nella Sua Parola, che annuncerete e di cui sarete maestri, il vostro unico e sommo Bene; l’incenso e il profumo di una vita che sia essa stessa liturgia, cioè segno orante, essenziale e sobrio di un ministero presbiterale che “profumi di popolo”; la mirra, perché sappiate, voi che sarete unti con il Crisma, spargere con delicatezza l’olio della misericordia e del perdono, dell’incoraggiamento e della consolazione, per “fasciare le piaghe dei cuori spezzati”!
E siate ‘preti-preti’, felici e sorridenti, fratelli ‘beniamini’ nella grande famiglia presbiterale e diocesana: amatela, lasciandovi amare; vogliatele bene, perché noi vi vogliamo bene!
Ed ora, sorelle e fratelli carissimi, proseguiamo nella Liturgia di Ordinazione e nel rendimento di grazie, perché davvero “il Signore compie meraviglie e fa grandi cose per noi”.
Amen! Così sia!