“Chiamati alla vita” è il tema della prossima Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri che si celebra il 24 marzo. Un anniversario che lega il 24 marzo di ogni anno al 24 marzo 1980, data del martirio di mons. Oscar Arnulfo Romero, Arcivescovo di San Salvador.
Nel 2017, secondo i dati raccolti dall'Agenzia Fides, sono stati uccisi nel mondo 23 missionari: 13 sacerdoti, 1 religioso, 1 religiosa, 8 laici. Secondo la ripartizione continentale, per l’ottavo anno consecutivo, il numero più elevato si registra in America, dove sono stati uccisi 11 operatori pastorali (8 sacerdoti, 1 religioso, 2 laici), cui segue l’Africa, con 10 operatori pastorali uccisi (4 sacerdoti, 1 religiosa, 5 laici) e l'Asia dove sono stati uccisi 2 operatori pastorali (1 sacerdote, 1 laico). Dal 2000 al 2016 sono stati uccisi nel mondo 424 operatori pastorali, di cui 5 Vescovi. Sono "Missionari martiri", ovvero persone che hanno dato la vita per la causa del Regno di Dio. Uomini e donne che, nella fede, hanno manifestato la parresìa, il coraggio di osare, nelle periferie geografiche ed esistenziali del nostro tempo, perché "Chiamati alla vita". Un'espressione forte e diretta, scelta dalla Fondazione Missio, come slogan per la 26esima Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei martiri missionari.
Un triste elenco che, ormai da tempo, non riguarda solo i missionari ad gentes in senso stretto, ma cerca di registrare tutti gli operatori pastorali morti in modo violento, non espressamente “in odio alla fede”.
Molti di loro sono stati uccisi durante tentativi di rapina o di furto, compiuti anche con ferocia, in contesti di povertà economica e culturale, di degrado morale e ambientale, dove violenze e sopraffazioni di ogni genere sono assurte a regola di comportamento, nella totale mancanza di rispetto per la vita e per ogni diritto umano. Occorre riflettere anche sul fatto che raramente gli assassini di preti o suore vengono individuati o condannati.
Una cosa è certa: a tutte le latitudini sacerdoti, religiose e laici condividono con la gente comune la stessa vita quotidiana, portando il valore specifico della loro testimonianza evangelica come segno di speranza. Gli uccisi sono solo la punta dell’iceberg, in quanto è sicuramente lungo l’elenco degli operatori pastorali, o dei semplici cattolici, aggrediti, malmenati, derubati, minacciati, come quello delle strutture cattoliche a servizio dell’intera popolazione, assalite, vandalizzate o saccheggiate.
Durante la Liturgia della Parola in memoria dei “Nuovi Martiri” del XX e XXI secolo, che ha presieduto il 22 aprile 2017 nella Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, a Roma, Papa Francesco ha affermato: “Il ricordo di questi eroici testimoni antichi e recenti ci conferma nella consapevolezza che la Chiesa è Chiesa se è Chiesa di martiri. E i martiri sono coloro che… hanno avuto la grazia di confessare Gesù fino alla fine, fino alla morte. Loro soffrono, loro danno la vita, e noi riceviamo la benedizione di Dio per la loro testimonianza. L'eredità viva dei martiri dona oggi a noi pace e unità. Essi ci insegnano che, con la forza dell’amore, con la mitezza, si può lottare contro la prepotenza, la violenza, la guerra e si può realizzare con pazienza la pace”.
Sul sacrificio di Romero, morto mentre celebrava l'Eucaristia, come su quello dei martiri cristiani antichi e contemporanei, ogni comunità cristiana può ritrovare il senso profondo della vita secondo il Vangelo e spesso il coraggio di una memoria attiva, non rassegnata, capace di continuare il cammino con uno slancio migliore. In tanti casi, infatti, la memoria del sacrificio degli operatori pastorali viene rinnovata nel tempo, diventando quindi sostegno e incoraggiamento per le comunità a proseguire sulle loro tracce
Nel 2017, secondo i dati raccolti dall'Agenzia Fides, sono stati uccisi nel mondo 23 missionari: 13 sacerdoti, 1 religioso, 1 religiosa, 8 laici. Secondo la ripartizione continentale, per l’ottavo anno consecutivo, il numero più elevato si registra in America, dove sono stati uccisi 11 operatori pastorali (8 sacerdoti, 1 religioso, 2 laici), cui segue l’Africa, con 10 operatori pastorali uccisi (4 sacerdoti, 1 religiosa, 5 laici) e l'Asia dove sono stati uccisi 2 operatori pastorali (1 sacerdote, 1 laico). Dal 2000 al 2016 sono stati uccisi nel mondo 424 operatori pastorali, di cui 5 Vescovi. Sono "Missionari martiri", ovvero persone che hanno dato la vita per la causa del Regno di Dio. Uomini e donne che, nella fede, hanno manifestato la parresìa, il coraggio di osare, nelle periferie geografiche ed esistenziali del nostro tempo, perché "Chiamati alla vita". Un'espressione forte e diretta, scelta dalla Fondazione Missio, come slogan per la 26esima Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei martiri missionari.
Un triste elenco che, ormai da tempo, non riguarda solo i missionari ad gentes in senso stretto, ma cerca di registrare tutti gli operatori pastorali morti in modo violento, non espressamente “in odio alla fede”.
Molti di loro sono stati uccisi durante tentativi di rapina o di furto, compiuti anche con ferocia, in contesti di povertà economica e culturale, di degrado morale e ambientale, dove violenze e sopraffazioni di ogni genere sono assurte a regola di comportamento, nella totale mancanza di rispetto per la vita e per ogni diritto umano. Occorre riflettere anche sul fatto che raramente gli assassini di preti o suore vengono individuati o condannati.
Una cosa è certa: a tutte le latitudini sacerdoti, religiose e laici condividono con la gente comune la stessa vita quotidiana, portando il valore specifico della loro testimonianza evangelica come segno di speranza. Gli uccisi sono solo la punta dell’iceberg, in quanto è sicuramente lungo l’elenco degli operatori pastorali, o dei semplici cattolici, aggrediti, malmenati, derubati, minacciati, come quello delle strutture cattoliche a servizio dell’intera popolazione, assalite, vandalizzate o saccheggiate.
Durante la Liturgia della Parola in memoria dei “Nuovi Martiri” del XX e XXI secolo, che ha presieduto il 22 aprile 2017 nella Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, a Roma, Papa Francesco ha affermato: “Il ricordo di questi eroici testimoni antichi e recenti ci conferma nella consapevolezza che la Chiesa è Chiesa se è Chiesa di martiri. E i martiri sono coloro che… hanno avuto la grazia di confessare Gesù fino alla fine, fino alla morte. Loro soffrono, loro danno la vita, e noi riceviamo la benedizione di Dio per la loro testimonianza. L'eredità viva dei martiri dona oggi a noi pace e unità. Essi ci insegnano che, con la forza dell’amore, con la mitezza, si può lottare contro la prepotenza, la violenza, la guerra e si può realizzare con pazienza la pace”.
Sul sacrificio di Romero, morto mentre celebrava l'Eucaristia, come su quello dei martiri cristiani antichi e contemporanei, ogni comunità cristiana può ritrovare il senso profondo della vita secondo il Vangelo e spesso il coraggio di una memoria attiva, non rassegnata, capace di continuare il cammino con uno slancio migliore. In tanti casi, infatti, la memoria del sacrificio degli operatori pastorali viene rinnovata nel tempo, diventando quindi sostegno e incoraggiamento per le comunità a proseguire sulle loro tracce
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