«In questi mesi l’intera famiglia umana è stata messa in ginocchio dal coronavirus. Il bilancio globale delle vittime continua a crescere quotidianamente; la disperazione dell’umanità aumenta; gli effetti fisici, psicologici ed economici aumentano. Questa pandemia ha raggiunto praticamente tutti: abbiamo capito che siamo tutti vulnerabili e ci rendiamo conto che la vera sicurezza deve essere, in sostanza, condivisa». Parole forti che invitano ciascuno di noi ad un’attenta e profonda riflessione.
Si apre così la lettera destinata alla CEI in occasione del 75° anniversario della tragedia mondiale di Hiroshima e Nagasaki e sottoscritta dall’Arcivescovo Mons. Giovanni Ricchiuti e da don Renato Sacco, rispettivamente presidente e coordinatore nazionali di Pax Christi.
Andare oltre la memoria della tragedia atomica con l’obiettivo di bandire uno strumento capace di sterminare l’umanità intera, affinchè venga finalmente firmato il Trattato internazionale per la messa al bando delle armi nucleari. É questo, anche alla luce della recente drammatica esplosione di Beirut, quanto continua a chiedere a gran voce Pax Christi. Ricordare la tragedia mondiale del 1945 non può infatti significare solo fare memoria. La stessa memoria, oggi, deve portare all’impegno. È un impegno che tocca tutti, non solo Pax Christi, è un lavoro che dura da anni con ICAN (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons) a cui è stato assegnato il Nobel per la Pace 2017.
«Il mondo – si legge nella missiva – commemora una minaccia che per 75 anni ha rappresentato il più grave dei rischi per l’umanità. Le conseguenze dannose della pandemia Covid-19 impallidiscono rispetto a quelle che sarebbero capitate alla famiglia umana, e alla terra stessa, in caso di guerra nucleare. Papa Francesco ci avverte che le armi nucleari costituiscono un affronto mortale non solo al benessere della terra e dei suoi abitanti, ma anche al nostro rapporto con Dio. Le armi nucleari sono un abominio: la “minaccia del loro uso, così come il loro possesso, è da condannare fermamente”».
«É giunto il tempo per rifiutare questa logica di reciproca distruzione – scrivono ancora Mons. Ricchiuti e don Renato Sacco – e costruire invece una vera sicurezza reciproca. Il coronavirus ha rappresentato un campanello d’allarme per il mondo. Stiamo sperimentando in prima persona come investire centinaia di miliardi di dollari per lo sviluppo, la fabbricazione, i test e lo spiegamento di armi nucleari non solo non è servito a renderci sicuri, ma ha privato la comunità umana delle risorse necessarie per il raggiungimento della vera sicurezza umana: sufficienza alimentare, alloggio, lavoro, formazione scolastica, accesso all’assistenza sanitaria».
In coda, l’appello ai Vescovi italiani e al Governo: «Come comunità umana stiamo imparando delle dure lezioni sulla nostra sicurezza collettiva durante questa pandemia globale. É giunto il momento di affrontare la sfida e di cogliere l’opportunità per apportare le modifiche necessarie a salvaguardia del nostro futuro. Il trattato sul bando totale delle armi nucleari, approvato all’ONU nel 2017, ha un sempre più crescente sostegno mondiale. Per diventare effettivo c’è però bisogno di altre firme per superare la soglia necessaria di cinquanta stati. Il Vaticano stesso lo ha da tempo ratificato e le Conferenze dei vescovi cattolici di Giappone e Canada chiedono ai loro governi di fare altrettanto. A nome di Pax Christi International e di Pax Christi Italia sollecitiamo la Conferenza Episcopale Italiana, in occasione del 75° anniversario dei bombardamenti atomici, a chiedere al nostro Governo di firmare il trattato».
di Michele Laddaga
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