Nato il 23 agosto del 1973, don Nicola è stato ordinato presbitero il 6 ottobre del 2007. «Per la vita di un parroco il trasferimento in un’altra comunità è sempre un po’ uno shock – racconta ai nostri microfoni – Ognuno di noi sa bene che prima o poi verrà spostato altrove, ma quando questo momento arriva per davvero ci trova sempre inevitabilmente impreparati. Allo stesso tempo però questo “stop” può essere una grande Grazia. È infatti l’occasione per fermarsi, trarsi fuori dal corso vorticoso della vita di ogni giorno e riprendere a guardare le cose con uno sguardo più fresco, più profondo: guardare dietro di sé, davanti a sé, dentro di sé. E’ l’occasione per ripensare alla propria vocazione, al proprio posto nella Chiesa, alle relazioni che si sono intessute, all’opera di Dio. Ed è bello ogni tanto guardare le cose così, dall’alto. Faccio correre gli occhi innanzitutto su quella miniera a cielo aperto che sono le persone incontrate in questi anni. Penso all’amore di Dio per tutti loro e alla mia debole presenza chiamata inspiegabilmente a fare da memoria, da sacramento, di questo amore troppo più grande di me. E’ un mistero».
«Guardando indietro al tempo vissuto – aggiunge – mi sono accorto poi di tanto bene che il Signore ha realizzato senza che spesso me ne accorgessi, nonostante i miei limiti. Ed è lo spazio per lo stupore e per la gratitudine. Ma è anche l’occasione per guardare con onestà alle negligenze, agli errori, alle infedeltà, alle leggerezze, alle lentezze, alle cose lasciate a metà: nella vita si crede sempre che ci sarà il tempo per correggere, per recuperare, ma ovviamente non è così ed è una grande lezione. Questo è lo spazio per l’esame di coscienza e per una piccola crescita nell’umiltà. E’ anche l’occasione per compiere un atto di affidamento a Dio, cui chiedere di riempire i vuoti e riparare i danni compiuti.
Questo cambiamento mi ricorda anche che non sono il padrone della comunità, ma il servo. E’ il servo infatti che viene cambiato, non il padrone. Questa verità a noi preti viene ripetuta tante volte, ma sentirla sulla pelle è un’altra cosa. Un’altra grazia di questo tempo è stato un rapporto più ravvicinato con altri fratelli sacerdoti, in particolare don Peppino Creanza che mi ha sostituito a San Sepolcro e don Andrea Wisniewski che mi ha preceduto al Sacro Cuore di Acquaviva. Ho imparato tanto da loro in questi mesi di relazioni più fitte. Con grande disponibilità e pazienza mi hanno accompagnato perché il passaggio potesse essere fatto con una certa scioltezza. Ho poi conosciuto meglio e apprezzato i loro specifici talenti, spesso complementari ai miei e necessari alla comunità. Davvero siamo necessari gli uni agli altri, gli uni al servizio degli altri. Mi vado convincendo che nella Chiesa le relazioni tra noi sacerdoti siano più importanti delle nostre singole personalità e che i nostri carismi brillano davvero solo quando sono collegati tra loro».
«La nuova comunità – spiega don Nicola – mi ha riservato una bella accoglienza, schietta, affettuosa, operosa, facendomi sentire subito a casa e facilitandomi tanto il lavoro. Ha tante energie buone e una ricca storia: mi insegnerà molto! Guardando poi innanzi a me, al cammino che mi aspetta, so solo che c’è il Signore. E questo, anche sotto i cieli inquieti del nostro tempo, dovrebbe largamente bastare».