Perché dovremmo sprecar parole di commento per pagine e eventi così tragici, veri, esplicativi già in se stessi, se squarciati con approfondita lettura e meditazione? Non commentiamo l’evento del Cristo che entra glorioso su un asino nella Gerusalemme festante con rami e grida se poi anche quella stessa folla – sì sicuramente – è la stessa Gerusalemme, giudice e assassina, omertosa e ripiegata su se stessa, che preferisce un Barabba all’unico e singolare Figlio di Dio.
Non commentiamo altro, non commentiamo oltre. No: non ne avremmo le forze di un piacere e nemmeno l’utilità minima spiritualmente. Non commentiamo ancora perché io e tu, magari, siamo i primi a rivestirci del nome di Cristo solo nelle vesti, nelle parole, nelle solenni indorature che mettiamo sui nostri sepolcri imbiancati, su di noi, esecutori o complici di uccisioni della misericordia di Dio, che non comprendiamo nella Sua sapiente e dialogante Venuta. Sì: noi siamo all’ingresso della capitale e poco dopo… poco dopo a distribuire pene capitali, sputando, flagellando, schernendo, bestemmiando, anche semplicemente non volgendo il nostro sguardo verso… e non convertendoci mai sino in fondo, così.
La liturgia oggi ci propone appunto un Vangelo che ci introduce ad agitanti e gioiose palme per farci terminare – con un altro “appassionato” e lungo racconto – al turpe e ignominioso albero della croce: riflettiamoci e poniamoci in questo tragitto, senza mondani e arzigogolati commenti. Perché la nostra vita è una intera Settimana Santa: e allora attraversando consapevolmente ogni croce e ogni morte dalle vie adulatorie del nostro quotidiano per le dune tristi delle nostre solitudini sino alle inevitabili colline dei nostri calvari, sapremo anche risorgere in toto.
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IV DOMENICA DI QUARESIMA – LAETARE (ANNO A)
23 Marzo 2017DOMENICA DI PASQUA – RISURREZIONE DEL SIGNORE
15 Aprile 2017DOMENICA DELLE PALME (ANNO A)
SINO ALLE INEVITABILI COLLINE DEI NOSTRI CALVARI
Perché dovremmo sprecar parole di commento per pagine e eventi così tragici, veri, esplicativi già in se stessi, se squarciati con approfondita lettura e meditazione? Non commentiamo l’evento del Cristo che entra glorioso su un asino nella Gerusalemme festante con rami e grida se poi anche quella stessa folla – sì sicuramente – è la stessa Gerusalemme, giudice e assassina, omertosa e ripiegata su se stessa, che preferisce un Barabba all’unico e singolare Figlio di Dio.
Non commentiamo altro, non commentiamo oltre. No: non ne avremmo le forze di un piacere e nemmeno l’utilità minima spiritualmente. Non commentiamo ancora perché io e tu, magari, siamo i primi a rivestirci del nome di Cristo solo nelle vesti, nelle parole, nelle solenni indorature che mettiamo sui nostri sepolcri imbiancati, su di noi, esecutori o complici di uccisioni della misericordia di Dio, che non comprendiamo nella Sua sapiente e dialogante Venuta. Sì: noi siamo all’ingresso della capitale e poco dopo… poco dopo a distribuire pene capitali, sputando, flagellando, schernendo, bestemmiando, anche semplicemente non volgendo il nostro sguardo verso… e non convertendoci mai sino in fondo, così.
La liturgia oggi ci propone appunto un Vangelo che ci introduce ad agitanti e gioiose palme per farci terminare – con un altro “appassionato” e lungo racconto – al turpe e ignominioso albero della croce: riflettiamoci e poniamoci in questo tragitto, senza mondani e arzigogolati commenti. Perché la nostra vita è una intera Settimana Santa: e allora attraversando consapevolmente ogni croce e ogni morte dalle vie adulatorie del nostro quotidiano per le dune tristi delle nostre solitudini sino alle inevitabili colline dei nostri calvari, sapremo anche risorgere in toto.
Domenico (Domingo) Ariano,
seminarista III anno
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