Ho negli occhi l’immagine di quando da bambino a casa si cominciava a respirare l’aria dei preparativi per il Natale. “Quale gioia quando mi dissero”. È finito un tempo, nella Chiesa Cattolica, e ne comincia uno nuovo: l’Avvento. Che è propriamente attesa. Con ciclicità ritorna quell’attesa a cui tutti speriamo. Quel ritorno del Signore della nostra vita. Quel ritorno dell’Amato.
Quel ritorno del Natale che ai più piccoli riscalda con facilità il cuore. L’avvento di quel qualcosa che pungola a mettersi subito in movimento. Ecco allora San Paolo che nella sua lettera ai Romani prontamente ci desta dal sonno. Bisogna rimettersi in cammino: nulla è finito! C’è l’Atteso che ci attende. “Svegliati! Dèstati dal sonno!
Prendi lo zaino, riempilo di tutto ciò che può servire per un cammino di quattro settimane, o forse più”. Sembra dirci. Ma dove siamo diretti? Chi stiamo attendendo? Sarebbe da ingenui attendere solamente, come bambini con gli occhi lucidi d’avanti agli scatoloni del Natale, la statuina del bambinello. È un cammino più lungo quello a cui ci chiama l’apostolo Paolo. È un cammino più profondo e con mete di luce. Non basterebbe a nulla accontentarsi delle lampadine del periodo di Natale. A nulla servirebbero le nostre luminarie appese ai balconi, se quella luce non entrasse nel nostro cuore. Nel nostro intimo.
Nel nostro profondo. Facciamo luce sulle nostre verità, sui nostri lati di buio, comportiamoci onestamente. Facciamo che quella Luce attesa, possa appunto far luce nel nostro buio. “Dèstati mettiti in cammino verso Gerusalemme. È lì che sei diretto! È quella la meta che ti hanno preannunciato”. Anche il profeta Isaia quest’oggi sembra spingerci a camminare con lui verso quel luogo prediletto di luce. È lì che quest’anno nascerà forse il nostro bambinello. Se davvero ci crediamo! Lì dove la meraviglia ha reso le spade aratri. Lì dove la gioia ha fatto delle lance falci. È lì che il Signore ci sta attendendo.
Lì dove abbiamo deposto le nostre armi, dove abbiamo finalmente deciso di abbandonare e abbattere i nostri muri, le nostre difficoltà, le nostre depressioni e tristezze. Lì ci sta aspettando, dove finalmente abbiamo deciso di impugnare gli attrezzi del mestiere per spazzare via il buio e far posto alla Luce. Lì dove proprio il nostro buio è diventato luce. Dove la mia ferita e rifiorita. La Liturgia oggi ci offre proprio questo gioco di luci ed ombre, come quelle lampadine che si spengono e si accendono. Ma non basta, per questa gioia negli occhi, premere un interruttore per splendere.
Non basta un filo di lampadine per rendere speciale il nostro presepe quest’anno. C’è bisogno che ci si mette seriamente al lavoro e si faccia spazio alla sua Luce. C’è bisogno nei nostri cuori, tra i pastorelli quest’anno, della statuina del portatore di Luce con falce e aratro. E allora sì, che“già sono fermi i nostri piedi!”. Anche San Matteo, nel suo Vangelo, questa domenica ci mette in guardia. Anche lui ci tiene a spronarci. L’atteso è già qui. L’attesa è da poco iniziata che già pare terminata. Il cammino è percorso in un batter d’occhi. Siamo giunti già alle soglie di Gerusalemme. L’atteso ci attende. È giunto!
È arrivato mentre ero impegnato nella mia quotidianità. È qui mentre tu, padre di famiglia, eri intento a lavorare . È qui mentre tu, madre, eri intenta ad allattare. È qui mentre tu, giovane, eri intento a divertirti. Coraggio allora: lavora, allatta, divertiti, ma fallo con la luce nel cuore. E bisogna darsi da fare. L’Atteso è ormai alle porte. Anch’io nella mia umida e fredda camera del cuore aspetto che bussi e che insieme si possa cominciare a far Luce. Ho ancora negli occhi quell’immagine di me bambino che divertito osserva le statuine del presepe illuminarsi nel buio delle sere d’inverno: quel pastore portava luce col suo lavoro.
“Quale gioia!”. Il Signore sta arrivando, non mi resta che rendermi luce per festa!
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XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
18 Novembre 2016Covertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!
4 Dicembre 2016I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A)
“Quale gioia!”
Michele AZZOLINO
Ho negli occhi l’immagine di quando da bambino a casa si cominciava a respirare l’aria dei preparativi per il Natale. “Quale gioia quando mi dissero”. È finito un tempo, nella Chiesa Cattolica, e ne comincia uno nuovo: l’Avvento. Che è propriamente attesa. Con ciclicità ritorna quell’attesa a cui tutti speriamo. Quel ritorno del Signore della nostra vita. Quel ritorno dell’Amato.
Quel ritorno del Natale che ai più piccoli riscalda con facilità il cuore. L’avvento di quel qualcosa che pungola a mettersi subito in movimento. Ecco allora San Paolo che nella sua lettera ai Romani prontamente ci desta dal sonno. Bisogna rimettersi in cammino: nulla è finito! C’è l’Atteso che ci attende. “Svegliati! Dèstati dal sonno!
Prendi lo zaino, riempilo di tutto ciò che può servire per un cammino di quattro settimane, o forse più”. Sembra dirci. Ma dove siamo diretti? Chi stiamo attendendo? Sarebbe da ingenui attendere solamente, come bambini con gli occhi lucidi d’avanti agli scatoloni del Natale, la statuina del bambinello. È un cammino più lungo quello a cui ci chiama l’apostolo Paolo. È un cammino più profondo e con mete di luce. Non basterebbe a nulla accontentarsi delle lampadine del periodo di Natale. A nulla servirebbero le nostre luminarie appese ai balconi, se quella luce non entrasse nel nostro cuore. Nel nostro intimo.
Nel nostro profondo. Facciamo luce sulle nostre verità, sui nostri lati di buio, comportiamoci onestamente. Facciamo che quella Luce attesa, possa appunto far luce nel nostro buio. “Dèstati mettiti in cammino verso Gerusalemme. È lì che sei diretto! È quella la meta che ti hanno preannunciato”. Anche il profeta Isaia quest’oggi sembra spingerci a camminare con lui verso quel luogo prediletto di luce. È lì che quest’anno nascerà forse il nostro bambinello. Se davvero ci crediamo! Lì dove la meraviglia ha reso le spade aratri. Lì dove la gioia ha fatto delle lance falci. È lì che il Signore ci sta attendendo.
Lì dove abbiamo deposto le nostre armi, dove abbiamo finalmente deciso di abbandonare e abbattere i nostri muri, le nostre difficoltà, le nostre depressioni e tristezze. Lì ci sta aspettando, dove finalmente abbiamo deciso di impugnare gli attrezzi del mestiere per spazzare via il buio e far posto alla Luce. Lì dove proprio il nostro buio è diventato luce. Dove la mia ferita e rifiorita. La Liturgia oggi ci offre proprio questo gioco di luci ed ombre, come quelle lampadine che si spengono e si accendono. Ma non basta, per questa gioia negli occhi, premere un interruttore per splendere.
Non basta un filo di lampadine per rendere speciale il nostro presepe quest’anno. C’è bisogno che ci si mette seriamente al lavoro e si faccia spazio alla sua Luce. C’è bisogno nei nostri cuori, tra i pastorelli quest’anno, della statuina del portatore di Luce con falce e aratro. E allora sì, che“già sono fermi i nostri piedi!”. Anche San Matteo, nel suo Vangelo, questa domenica ci mette in guardia. Anche lui ci tiene a spronarci. L’atteso è già qui. L’attesa è da poco iniziata che già pare terminata. Il cammino è percorso in un batter d’occhi. Siamo giunti già alle soglie di Gerusalemme. L’atteso ci attende. È giunto!
È arrivato mentre ero impegnato nella mia quotidianità. È qui mentre tu, padre di famiglia, eri intento a lavorare . È qui mentre tu, madre, eri intenta ad allattare. È qui mentre tu, giovane, eri intento a divertirti. Coraggio allora: lavora, allatta, divertiti, ma fallo con la luce nel cuore. E bisogna darsi da fare. L’Atteso è ormai alle porte. Anch’io nella mia umida e fredda camera del cuore aspetto che bussi e che insieme si possa cominciare a far Luce. Ho ancora negli occhi quell’immagine di me bambino che divertito osserva le statuine del presepe illuminarsi nel buio delle sere d’inverno: quel pastore portava luce col suo lavoro.
“Quale gioia!”. Il Signore sta arrivando, non mi resta che rendermi luce per festa!
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