Giovanni vedendo Gesù venirgli incontro, dice: Ecco l’agnello di Dio. Un’immagine inattesa di Dio, una rivoluzione totale: non più il Dio che chiede sacrifici, ma Colui che sacrifica se stesso.
E sarà così per tutto il Vangelo: ed ecco un agnello invece di un leone; una chioccia (Lc 13,31-34) invece di un’aquila; un bambino come modello del Regno; una piccola gemma di fico, un pizzico di lievito, i due spiccioli di una vedova. Il Dio che a Natale non solo si è fatto come noi, ma piccolo tra noi. Ecco l’agnello, che ha ancora bisogno della madre e si affida al pastore; ecco un Dio che non si impone, si propone, che non può, non vuole far paura a nessuno. Eppure toglie il peccato del mondo. Il peccato, al singolare, non i mille gesti sbagliati con cui continuamente laceriamo il tessuto del mondo, ne sfilacciamo la bellezza. Ma il peccato profondo, la radice malata che inquina tutto. In una parola: il disamore. Che è indifferenza, violenza, menzogna, chiusure, fratture, vite spente… Gesù viene come il guaritore del disamore. E lo fa non con minacce e castighi, non da una posizione di forza con ingiunzioni e comandi, ma con quella che Francesco chiama «la rivoluzione della tenerezza». Una sfida a viso aperto alla violenza e alla sua logica. Agnello che toglie il peccato: con il verbo al tempo presente; non al futuro, come una speranza; non al passato, come un evento finito e concluso, ma adesso: ecco colui che continuamente, instancabilmente, ineluttabilmente toglie via, se solo lo accogli in te, tutte le ombre che invecchiano il cuore e fanno soffrire te e gli altri.
La salvezza è dilatazione della vita, il peccato è, all’opposto, atrofia del vivere, rimpicciolimento dell’esistenza. E non c’è più posto per nessuno nel cuore, né per i fratelli né per Dio, non per i poveri, non per i sogni di cieli nuovi e terra nuova. Come guarigione, Gesù racconterà la parabola del Buon Samaritano, concludendola con parole di luce: fai questo e avrai la vita. Vuoi vivere davvero, una vita più vera e bella? Produci amore.
Immettilo nel mondo, fallo scorrere… E diventerai anche tu guaritore della vita. Lo diventerai seguendo l’agnello (Ap 14,4). Seguirlo vuol dire amare ciò che lui amava, desiderare ciò che lui desiderava, rifiutare ciò che lui rifiutava, e toccare quelli che lui toccava, e come lui li toccava, con la sua delicatezza, concretezza, amorevolezza. Essere solari e fiduciosi nella vita, negli uomini e in Dio. Perché la strada dell’agnello è la strada della felicità.
Ecco vi mando come agnelli… vi mando a togliere, con mitezza, il male: braccia aperte donate da Dio al mondo, braccia di un Dio agnello, inerme eppure più forte di ogni Erode.
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Natale del Signore
22 Dicembre 2016IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)
27 Gennaio 2017II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)
Ecco l’Agnello di Dio (Gv 1,29-34)
Domenico Ariano
Giovanni vedendo Gesù venirgli incontro, dice: Ecco l’agnello di Dio. Un’immagine inattesa di Dio, una rivoluzione totale: non più il Dio che chiede sacrifici, ma Colui che sacrifica se stesso.
E sarà così per tutto il Vangelo: ed ecco un agnello invece di un leone; una chioccia (Lc 13,31-34) invece di un’aquila; un bambino come modello del Regno; una piccola gemma di fico, un pizzico di lievito, i due spiccioli di una vedova. Il Dio che a Natale non solo si è fatto come noi, ma piccolo tra noi. Ecco l’agnello, che ha ancora bisogno della madre e si affida al pastore; ecco un Dio che non si impone, si propone, che non può, non vuole far paura a nessuno. Eppure toglie il peccato del mondo. Il peccato, al singolare, non i mille gesti sbagliati con cui continuamente laceriamo il tessuto del mondo, ne sfilacciamo la bellezza. Ma il peccato profondo, la radice malata che inquina tutto. In una parola: il disamore. Che è indifferenza, violenza, menzogna, chiusure, fratture, vite spente… Gesù viene come il guaritore del disamore. E lo fa non con minacce e castighi, non da una posizione di forza con ingiunzioni e comandi, ma con quella che Francesco chiama «la rivoluzione della tenerezza». Una sfida a viso aperto alla violenza e alla sua logica. Agnello che toglie il peccato: con il verbo al tempo presente; non al futuro, come una speranza; non al passato, come un evento finito e concluso, ma adesso: ecco colui che continuamente, instancabilmente, ineluttabilmente toglie via, se solo lo accogli in te, tutte le ombre che invecchiano il cuore e fanno soffrire te e gli altri.
La salvezza è dilatazione della vita, il peccato è, all’opposto, atrofia del vivere, rimpicciolimento dell’esistenza. E non c’è più posto per nessuno nel cuore, né per i fratelli né per Dio, non per i poveri, non per i sogni di cieli nuovi e terra nuova. Come guarigione, Gesù racconterà la parabola del Buon Samaritano, concludendola con parole di luce: fai questo e avrai la vita. Vuoi vivere davvero, una vita più vera e bella? Produci amore.
Immettilo nel mondo, fallo scorrere… E diventerai anche tu guaritore della vita. Lo diventerai seguendo l’agnello (Ap 14,4). Seguirlo vuol dire amare ciò che lui amava, desiderare ciò che lui desiderava, rifiutare ciò che lui rifiutava, e toccare quelli che lui toccava, e come lui li toccava, con la sua delicatezza, concretezza, amorevolezza. Essere solari e fiduciosi nella vita, negli uomini e in Dio. Perché la strada dell’agnello è la strada della felicità.
Ecco vi mando come agnelli… vi mando a togliere, con mitezza, il male: braccia aperte donate da Dio al mondo, braccia di un Dio agnello, inerme eppure più forte di ogni Erode.
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