“Rallegratevi”, di che cosa? “Siate sempre lieti”, una parola vuota per consolarci? Siamo persone consapevoli del mondo in cui viviamo o noi cristiani siamo dei fanatici che seminano illusioni? Ci rendiamo conto della situazione che soffriamo: guerre, ricchezze accumulate sullo sfruttamenti di persone e di nazioni, abuso della madre terra, ridotta a un mondezzaio. E poi malattie sempre nuove di cui si cerca il rimedio?
Si, nonostante tutta la corruzione che invade la nostra vita noi crediamo alla gioia. Non è quella che promette il mondo, ma è “nel Signore”, il quale “ha vinto il mondo” e “ha revocato la sua condanna”. Siamo immagine e somiglianza di un Dio che non conosce l’angoscia, non è mai triste, perciò diamo spazio all’invito più volte fatto da Papa Francesco: “Non siate mai uomini e donne tristi: un cristiano non può mai esserlo!
Non lasciatevi prendere mai dallo scoraggiamento! La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma nasce dall’aver incontrato una Persona: Gesù, che è in mezzo a noi; nasce dal sapere che con Lui non siamo mai soli, anche nei momenti difficili, anche quando il cammino della vita si scontra con problemi e ostacoli che sembrano insormontabili, e ce ne sono tanti!” (24.03.2013).
Il Natale di Cristo offre una compagnia nuova all’uomo abbrutito dal male e dalla morte introdotti per abuso del dono sublime della libertà. Ancor oggi risuona la voce di Sofonia, il quale, dopo aver condannato la corruzione politica e il lassismo religioso del suo popolo, annuncia il giorno della misericordia per la fedeltà di Dio alla elezione d’Israele quale suo figlio. Jhawh è fedele a se stesso, al suo Essere amore e misericordia, più che alle sue promesse: “Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente”.
Chi ha fede non può lasciarsi dominare dalla paura perché “la misericordia di Dio non è un’idea astratta, ma una realtà concreta con cui Egli rivela il suo amore come quello di un padre e di una madre che si commuovono fino dal profondo delle viscere per il proprio figlio. È veramente il caso di dire che è un amore “viscerale”. Proviene dall’intimo come un sentimento profondo, naturale, fatto di tenerezza e di compassione, di indulgenza e di perdono (MV 6). Se qualcuno ci chiede: Perché Dio si comporta in questo modo? Il motivo è fuori della nostra misura. Egli vede sempre più a fondo: la persona del figlio più che i tradimenti del figlio; la creatura destinata alla bellezza sotto le sconcezze cui si lascia andare, la capacità di convertirsi più che i peccati che commette.
Il Natale chiede di gioire “nel Signore” perché “eterno è il suo amore”.
La gioia, quella vera e non le sue contraffazioni, è indicata dal Battista. Dinanzi alle folle, ai pubblicani e ai soldati che chiedono: “Che cosa dobbiamo fare?”, una richiesta da fare anche ciascuno di noi. Risponde con consigli personalizzati.
Ciascuno si esamini per cambiar vita o per migliorarla!
Il Natale ci parla di un Dio che si fa “carne” per essere “un salvatore potente”, sceso a curare le ferite dell’umanità. Per questo il Papa scrive: “La parola del perdona possa giungere a tutti e la chiamata a sperimentare la misericordia non lasci nessuno indifferente” (MV 19). Subito dopo egli si rivolge in modo particolare “agli uomini e alle donne che appartengono a un gruppo criminale” e chiede di “cambiare vita”. Le indicazioni che il Papa ricalcano quelle del Battista:
1. dare da vestire gli ignudi e dare da mangiare agli affamati, cioè condividere i beni e non tendere all’accumulo opprimendo i poveri: “il denaro non ci dà la vera felicità”;
2. usare il potere per il servizio, cioè non lasciarsi corrompere per prepotenza e avidità: “Per debellare la corruzione dalla vita personale e sociale sono necessarie prudenza, vigilanza, lealtà, trasparenza”;
3. accontentarsi di quanto si ha onestamente senza fare violenza o estorcere con la forza per proprio vantaggio: “Il denaro non ci dà la vera felicità. La violenza usata per ammassare soldi che grondano sangue non rende potenti né immortali. Per tutti, presto o tardi, viene il giudizio di Dio a cui nessuno potrà sfuggire”.
Il cristiano che si prepara al Natale annuncia costantemente la gioia pur tra le tribolazioni e le angosce del tempo presente, perché sa in chi ha posto la sua fiducia. Non lo deluderà anche se i tempi di Dio non solo i tempi dell’uomo. “Tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto”.
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Solennità della B.V.M. IMMACOLATA 2015
9 Dicembre 2015IV DOMENICA DI AVVENTO anno C
17 Dicembre 2015III DOMENICA DI AVVENTO anno C
III DOMENICA DI AVVENTO anno C – Lc 3,10-18
Mons. Venturino Lorusso, oblato benedettino
Domenica della gioia
“Rallegratevi”, di che cosa? “Siate sempre lieti”, una parola vuota per consolarci? Siamo persone consapevoli del mondo in cui viviamo o noi cristiani siamo dei fanatici che seminano illusioni? Ci rendiamo conto della situazione che soffriamo: guerre, ricchezze accumulate sullo sfruttamenti di persone e di nazioni, abuso della madre terra, ridotta a un mondezzaio. E poi malattie sempre nuove di cui si cerca il rimedio?
Si, nonostante tutta la corruzione che invade la nostra vita noi crediamo alla gioia. Non è quella che promette il mondo, ma è “nel Signore”, il quale “ha vinto il mondo” e “ha revocato la sua condanna”. Siamo immagine e somiglianza di un Dio che non conosce l’angoscia, non è mai triste, perciò diamo spazio all’invito più volte fatto da Papa Francesco: “Non siate mai uomini e donne tristi: un cristiano non può mai esserlo!
Non lasciatevi prendere mai dallo scoraggiamento! La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma nasce dall’aver incontrato una Persona: Gesù, che è in mezzo a noi; nasce dal sapere che con Lui non siamo mai soli, anche nei momenti difficili, anche quando il cammino della vita si scontra con problemi e ostacoli che sembrano insormontabili, e ce ne sono tanti!” (24.03.2013).
Il Natale di Cristo offre una compagnia nuova all’uomo abbrutito dal male e dalla morte introdotti per abuso del dono sublime della libertà. Ancor oggi risuona la voce di Sofonia, il quale, dopo aver condannato la corruzione politica e il lassismo religioso del suo popolo, annuncia il giorno della misericordia per la fedeltà di Dio alla elezione d’Israele quale suo figlio. Jhawh è fedele a se stesso, al suo Essere amore e misericordia, più che alle sue promesse: “Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente”.
Chi ha fede non può lasciarsi dominare dalla paura perché “la misericordia di Dio non è un’idea astratta, ma una realtà concreta con cui Egli rivela il suo amore come quello di un padre e di una madre che si commuovono fino dal profondo delle viscere per il proprio figlio. È veramente il caso di dire che è un amore “viscerale”. Proviene dall’intimo come un sentimento profondo, naturale, fatto di tenerezza e di compassione, di indulgenza e di perdono (MV 6). Se qualcuno ci chiede: Perché Dio si comporta in questo modo? Il motivo è fuori della nostra misura. Egli vede sempre più a fondo: la persona del figlio più che i tradimenti del figlio; la creatura destinata alla bellezza sotto le sconcezze cui si lascia andare, la capacità di convertirsi più che i peccati che commette.
Il Natale chiede di gioire “nel Signore” perché “eterno è il suo amore”.
La gioia, quella vera e non le sue contraffazioni, è indicata dal Battista. Dinanzi alle folle, ai pubblicani e ai soldati che chiedono: “Che cosa dobbiamo fare?”, una richiesta da fare anche ciascuno di noi. Risponde con consigli personalizzati.
Ciascuno si esamini per cambiar vita o per migliorarla!
Il Natale ci parla di un Dio che si fa “carne” per essere “un salvatore potente”, sceso a curare le ferite dell’umanità. Per questo il Papa scrive: “La parola del perdona possa giungere a tutti e la chiamata a sperimentare la misericordia non lasci nessuno indifferente” (MV 19). Subito dopo egli si rivolge in modo particolare “agli uomini e alle donne che appartengono a un gruppo criminale” e chiede di “cambiare vita”. Le indicazioni che il Papa ricalcano quelle del Battista:
1. dare da vestire gli ignudi e dare da mangiare agli affamati, cioè condividere i beni e non tendere all’accumulo opprimendo i poveri: “il denaro non ci dà la vera felicità”;
2. usare il potere per il servizio, cioè non lasciarsi corrompere per prepotenza e avidità: “Per debellare la corruzione dalla vita personale e sociale sono necessarie prudenza, vigilanza, lealtà, trasparenza”;
3. accontentarsi di quanto si ha onestamente senza fare violenza o estorcere con la forza per proprio vantaggio: “Il denaro non ci dà la vera felicità. La violenza usata per ammassare soldi che grondano sangue non rende potenti né immortali. Per tutti, presto o tardi, viene il giudizio di Dio a cui nessuno potrà sfuggire”.
Il cristiano che si prepara al Natale annuncia costantemente la gioia pur tra le tribolazioni e le angosce del tempo presente, perché sa in chi ha posto la sua fiducia. Non lo deluderà anche se i tempi di Dio non solo i tempi dell’uomo. “Tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto”.
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