Oggi festeggiamo insieme, in una sola festa, tutti i Santi, ossia la Chiesa gloriosa intimamente unita alla Chiesa ancora pellegrinante e sofferente, riconoscendo nei beati la parte più eletta e sicuramente più riuscita del popolo di Dio.
Innanzitutto ci chiediamo: chi sono i Santi? Un santo è un figlio di Dio che, essendo stato fedele alla chiamata, vive ora nella casa del Padre celeste. «Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!» (II Lettura). Non siamo stati noi a scegliere Dio come Padre, ma è stato Lui a predestinarci fin dall’eternità e a volerci partecipi della sua stessa vita. Siamo tutti stati creati unicamente per questo. La santità non è qualcosa che si aggiunge al fatto di essere stati creati; non è la condizione privilegiata e singolare per qualcuno soltanto: ogni uomo è avvolto dallo stesso immenso amore divino.
«Noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato» (II Lettura): la comunione di vita con Dio è il nostro segreto più intimo e la nostra più vera autenticità, che tuttavia non si vede ancora nell’esterno. Il santo è uno che vive questo mistero di figliolanza coerentemente, con la speranza sicura che un giorno la somiglianza con Dio apparirà: quando la fede si compirà nella visione del suo volto. Certo le scelte di chi è già figlio di Dio sono signolari e differenti da quelle comuni del mondo: egli percepisce la vita in una maniera diversa, poiché ascolta e mette in pratica il Vangelo. In particolare prende sul serio la via tracciata dalle beatitudini. Gli uomini abitualmente proclamano beati i ricchi, quelli che non hanno fastidi, quelli che godono su questa terra, che sanno far valere i loro diritti con astuzia, che magari sanno, se è il caso, vendicarsi dei torti ricevuti. Gesù invece dice esattamente il contrario. Esaltà la povertà, la mitezza, la misericordia, la purezza, lo stato di prova e di persecuzione a motivo del Vangelo. Il Vangelo è un capovolgimento.
Chi ha il coraggio di crederci – e forse non sono molti – riesce veramente nella vita, anche se non conosce facile successo. Possiamo riassumere le beatitudini in uno stato di fede viva e di abbandono perfetto nelle mani del Signore.
Di solito il santo è incompreso, ma non si deprime, proprio perché sa di avere la vera comprensione che conta, quella del Padre. Conosce la sofferenza, soprattutto interiore, la lotta, poiché prova molto la tentazione. Né si deve confondere la santità con il clamore, l’accorgersi degli altri, le opre staordinarie, i miracoli. La santità è più semplice e più esigente. Essa avviene come vicenda che ha quali protagonisti radicali Dio e la porpria coscienza. È una storia che la Santissima Trinità va costruendo con l’adesione libera e volenterosa di chi ha capito l’essenziale e non si lascia distrarre da nessuna deviazione o sollecitazione. Più concretamente: il santo è un discepolo sincero e pratico di Gesù. Ne è l’imitazione. È Cristo infatti il Figlio eterno di Dio: in lui si riversa dall’eternità l’amore del Padre; in lui siamo stati ideati; con lui e per lui siamo stati predestinati.
La nostra identità umana è la conformità a Gesù Cristo: la sua umanità è la perfetta figliolanza, il consenso pieno alla volontà del Padre, la coerenza perfetta. Gesù è il modello delle beatitudini: il Santo che gli va dietro. La santità ci viene trasmessa per mezzo di lui: soprattutto grazie al sacrificio della croce. La “santa” Chiesa è il frutto della sua passione e della sua resurrezione e noi vinciamo il mondo per la forza di Gesù risorto da morte. La lettura dell’Apocalisse che apre la liturgia della Parola ci presenta una Chiesa, un popolo di eletti che proclama: «la salvezza appartine al nostro Dio seduto sul trono e all’Agnello» (I Lettura). In virtù del suo sangue essi sono rivestiti di splendore, dopo essere passati dalla «grande tribolazione», dalla prova della testimonianza e della fedeltà, dal sacrificio della croce a loro volta. I santi sono l’estensione feconda della Pasqua di Gesù. Per questo portano le palme.
Il santo ideale è il martire, ma ogni discepolato, ogni fedele sequela di Cristo è un martirio, un’attestazione offerta in tutta la vita. Certo: le strade e i modi della santità sono molti. C’è la santità dei martiri, quella dei pastori, dei monaci e delle vergini, dei padri e delle madri, dei fanciulli e dei giovani, dei dotti e degli indotti: su ciascuno si posa lo sguardo e la chiamata del Padre. Conta solo realizzare la grazia di Cristo e seguire Lui. Invochiamo dunque i Santi perché ci aiutino ad imitarli e impegniamoci a rispondere con generosità, come hanno fatto loro, alla divina chiamata. Invochiamo specialmente Maria, Madre del Signore e specchio di ogni santità. Lei, la Tutta Santa, ci faccia fedeli discepoli del suo figlio Gesù Cristo!
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Due esistenze a confronto…
22 Ottobre 2016Commemorazione di tutti i defunti
31 Ottobre 2016IN UN’UNICA FESTA LA GLORIA DI TUTTI I SANTI
IN UN’UNICA FESTA LA GLORIA DI TUTTI I SANTI
Oggi festeggiamo insieme, in una sola festa, tutti i Santi, ossia la Chiesa gloriosa intimamente unita alla Chiesa ancora pellegrinante e sofferente, riconoscendo nei beati la parte più eletta e sicuramente più riuscita del popolo di Dio.
Innanzitutto ci chiediamo: chi sono i Santi? Un santo è un figlio di Dio che, essendo stato fedele alla chiamata, vive ora nella casa del Padre celeste. «Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!» (II Lettura). Non siamo stati noi a scegliere Dio come Padre, ma è stato Lui a predestinarci fin dall’eternità e a volerci partecipi della sua stessa vita. Siamo tutti stati creati unicamente per questo. La santità non è qualcosa che si aggiunge al fatto di essere stati creati; non è la condizione privilegiata e singolare per qualcuno soltanto: ogni uomo è avvolto dallo stesso immenso amore divino.
«Noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato» (II Lettura): la comunione di vita con Dio è il nostro segreto più intimo e la nostra più vera autenticità, che tuttavia non si vede ancora nell’esterno. Il santo è uno che vive questo mistero di figliolanza coerentemente, con la speranza sicura che un giorno la somiglianza con Dio apparirà: quando la fede si compirà nella visione del suo volto. Certo le scelte di chi è già figlio di Dio sono signolari e differenti da quelle comuni del mondo: egli percepisce la vita in una maniera diversa, poiché ascolta e mette in pratica il Vangelo. In particolare prende sul serio la via tracciata dalle beatitudini. Gli uomini abitualmente proclamano beati i ricchi, quelli che non hanno fastidi, quelli che godono su questa terra, che sanno far valere i loro diritti con astuzia, che magari sanno, se è il caso, vendicarsi dei torti ricevuti. Gesù invece dice esattamente il contrario. Esaltà la povertà, la mitezza, la misericordia, la purezza, lo stato di prova e di persecuzione a motivo del Vangelo. Il Vangelo è un capovolgimento.
Chi ha il coraggio di crederci – e forse non sono molti – riesce veramente nella vita, anche se non conosce facile successo. Possiamo riassumere le beatitudini in uno stato di fede viva e di abbandono perfetto nelle mani del Signore.
Di solito il santo è incompreso, ma non si deprime, proprio perché sa di avere la vera comprensione che conta, quella del Padre. Conosce la sofferenza, soprattutto interiore, la lotta, poiché prova molto la tentazione. Né si deve confondere la santità con il clamore, l’accorgersi degli altri, le opre staordinarie, i miracoli. La santità è più semplice e più esigente. Essa avviene come vicenda che ha quali protagonisti radicali Dio e la porpria coscienza. È una storia che la Santissima Trinità va costruendo con l’adesione libera e volenterosa di chi ha capito l’essenziale e non si lascia distrarre da nessuna deviazione o sollecitazione. Più concretamente: il santo è un discepolo sincero e pratico di Gesù. Ne è l’imitazione. È Cristo infatti il Figlio eterno di Dio: in lui si riversa dall’eternità l’amore del Padre; in lui siamo stati ideati; con lui e per lui siamo stati predestinati.
La nostra identità umana è la conformità a Gesù Cristo: la sua umanità è la perfetta figliolanza, il consenso pieno alla volontà del Padre, la coerenza perfetta. Gesù è il modello delle beatitudini: il Santo che gli va dietro. La santità ci viene trasmessa per mezzo di lui: soprattutto grazie al sacrificio della croce. La “santa” Chiesa è il frutto della sua passione e della sua resurrezione e noi vinciamo il mondo per la forza di Gesù risorto da morte. La lettura dell’Apocalisse che apre la liturgia della Parola ci presenta una Chiesa, un popolo di eletti che proclama: «la salvezza appartine al nostro Dio seduto sul trono e all’Agnello» (I Lettura). In virtù del suo sangue essi sono rivestiti di splendore, dopo essere passati dalla «grande tribolazione», dalla prova della testimonianza e della fedeltà, dal sacrificio della croce a loro volta. I santi sono l’estensione feconda della Pasqua di Gesù. Per questo portano le palme.
Il santo ideale è il martire, ma ogni discepolato, ogni fedele sequela di Cristo è un martirio, un’attestazione offerta in tutta la vita. Certo: le strade e i modi della santità sono molti. C’è la santità dei martiri, quella dei pastori, dei monaci e delle vergini, dei padri e delle madri, dei fanciulli e dei giovani, dei dotti e degli indotti: su ciascuno si posa lo sguardo e la chiamata del Padre. Conta solo realizzare la grazia di Cristo e seguire Lui. Invochiamo dunque i Santi perché ci aiutino ad imitarli e impegniamoci a rispondere con generosità, come hanno fatto loro, alla divina chiamata. Invochiamo specialmente Maria, Madre del Signore e specchio di ogni santità. Lei, la Tutta Santa, ci faccia fedeli discepoli del suo figlio Gesù Cristo!
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