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IV DOMENICA DI QUARESIMA – LAETARE (ANNO A)

 L’UOMO GUARDA L’APPARENZA, IL SIGNORE GUARDA IL CUORE!

 

“Non guardare al suo aspetto né all’imponenza della sua statura. Io l’ho scartato, perché io non guardo ciò che guarda l’uomo. L’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore” (1 Sam 16, 7)

 

La liturgia di questa IV Domenica di Quaresima, che la tradizione liturgica identifica come Domenica Lætare, ci propone il brano tratto dal primo libro di Samuele (16, 1.4. 6-7. 10-13) che racconta il momento nel quale il profeta Samuele è incaricato da Dio di portarsi presso Iesse il Betlemita per individuare colui che Dio ha scelto per essere re in Israele. La scelta di Dio, infatti, è caduta su uno dei figli di Iesse. Molto interessante è la prima affermazione che Dio fa’ e con la quale si rivolge al profeta per offrire un criterio di discernimento nel suo compito di individuare colui che è stato scelto da Dio: «Non guardare al suo aspetto né all’imponenza della sua statura. Io l’ho scartato perché io non guardo ciò che guarda l’uomo. L’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore».
Si tratta di una parola molto significativa e che ci riguarda almeno per un duplice motivo. Anzitutto ci ricorda che ciò che vale di fronte al Signore non è quanto è visto da tutti in superficie, ma solo ciò che vede Dio nel segreto dell’intimità della persona. E, in questo senso, siamo portati ad avere un diverso criterio di pensare e di giudicare noi stessi e le persone in generale. Quante volte, infatti, giudichiamo noi stessi in relazione alla valutazione degli altri: sia in positivo che in negativo. Così, un giudizio negativo degli altri finisce con il determinare una sorta di atteggiamento negativo e pessimista verso se stessi. E d’altra parte, un giudizio positivo degli altri comporta sovente un’acritica visione positiva di se stessi. Saggezza è, invece, valutare se stessi sempre alla luce del Signore e di ciò che lui solo vede e sa.
Non vale la stessa cosa anche per la valutazione che noi formuliamo nei confronti di altri? Quante volte ci permettiamo di giudicare sulla base di impressioni e di conoscenze superficiali? Non è forse vero che il cuore dell’uomo è  un mistero? Solo Dio conosce fino in fondo ogni cuore umano; dunque, solo Dio può giudicarlo. Senza contare che i criteri di valutazione del Signore sono tanto diversi dai nostri: per il motivo che Egli non guarda l’apparenza, ma guarda il cuore. Quanto affermato dal Signore a proposito di come Samuele è chiamato a riconoscere l’eletto re ci porta anche a considerare almeno un criterio del discernimento cristiano. Che cosa si intende con discernimento? Precisamente l’arte di capire il passaggio di Dio nella vita nostra e altrui. Come, allora, riconoscere questo passaggio, riconoscere che in un pensiero, in una ispirazione in un fatto Dio è presente e parla?
L’episodio della scelta di Davide da parte di Dio ci mette di fronte, ancora una volta, a un Dio che stravolge le misure umane. Non viene scelto il più forte, il più adulto, il più maturo. Viene scelto il più giovane di tutti. É nella debolezza che si manifesta la potenza di Dio. La scelta di Davide da parte di Dio è già prefigurazione del mistero della croce: Dio sceglie l’apparente sconfitta per vincere, la più grande debolezza per manifestare la sua onnipotenza d’amore. Non può che essere così anche per la nostra vita! Una domanda rimane aperta per noi: come oggi il Signore mi si manifesterà? Guardiamo alla scelta di Davide e proviamo, come Samuele, a riconoscere il passaggio di Dio.
Paolo, nella lettera agli Efesini (5, 8-14) mette in relazione di contrasto la luce e la tenebra. Parla di una vita precedente fatta di tenebra e di una vita attuale e nuova avvolta di luce. Dio, salvando l’uomo, ha rivestito di luce la sua vita. Ma ora – e questo è il compito quotidiano dell’uomo – questa luce deve trovare manifestazione nelle opere di ogni giorno. Siamo luce, perché il Signore ci ha donato la luce! Ma viviamo sempre in modo luminoso e corrispondente alla luce che abbiamo? In questo tempo quaresimale non possiamo esimerci dal mettere a fuoco i comportamenti, esterni e interiori, che ancora portano in sé la tenebra del peccato e della morte. «Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà». É il bellissimo invito con il quale si conclude la pagina paolina: è l’invito che la Parola di Dio oggi rivolge a ciascuno di noi. É tempo di luce, è tempo di veglia, è tempo di vivere coerentemente alla luce che ormai è dentro di noi a motivo della salvezza di Dio in Cristo Gesù! Ma questa luce è visibile da quanti incontriamo?

La pagina del vangelo di Giovanni (9, 1-41) riporta il bellissimo episodio del cieco a cui il Signore ridona la vista. Ciascuno può rimanere in meditazione del racconto evangelico e trarne gli elementi di riflessione e di preghiera più consoni al suo cammino spirituale. Ma non si può non osservare l’affascinante richiamo che questo miracolo fa’ alla luce della fede. La mancanza di fede è oscurità sulla vita e sul senso della vita. La fede, al contrario, è luce che illumina e riveste si significato i passi dell’uomo. Quale gioia, nel cieco nato, nel passaggio dalla cecità alla visione! Chissà se in noi vi è la stessa gioia per il dono della fede. Che cosa sarebbe di noi se non avessimo la fede? E come deve essere triste e angosciata la vita di chi non ha la fede. Ne consegue un duplice impegno: a coltivare la fede che è in noi, perché non vada perduta e cresca ogni giorno di più; ad annunciare a tutti la bellezza della fede portando nel cuore e nella preghiera le angosce e le paure di quei poveri che, secondo il Vangelo, sono coloro che non godono della luce della fede.

Mirko Perrucci,

Seminarista di V° Teologia

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