Oggi accogliamo in festa il Figlio di Dio come Redentore. E lo facciamo tenuti per mano e accompagnati dalla liturgia di queste ore: incominciando dalla vigilia e proseguendo poi per tutta l’ottava, continuiamo per più giorni a contemplare il mistero e a gioirne. Il Natale è un evento di grazia, l’uomo non ha alcun merito: tutta una genealogia precede Gesù di Nazareth e lo inserisce nella linea di Davide e di Abramo; egli nasce da una donna, Maria, tuttavia il principio della sua apparizione è lo Spirito Santo. La maternità viene dalla potenza di Dio, per il quale la verginità diviene feconda. Dio è con noi non perché siamo riusciti ad attrarlo: manca ogni nostro merito.
Questo mi sembra essere il primo tema ricorrente nelle letture bibliche di oggi: «È apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini»; «Quando si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati non per mezzo di opere di giustizia, ma per sua misericordia». Ed ecco giungere il secondo tema ricorrente nell’odierna liturgia della Parola: la misericordia di Dio è davvero universale, riversandosi su ogni uomo che vede la luce del sole. Oserei dire che il valore dell’uomo deriva dal fatto di essere scelto da Dio, voluto semplicemente da lui, per puro amore: «Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e si è incarnato nel seno della Vergine Maria».
Nessuno amerà mai un uomo con l’intensità con cui Dio lo ama. È tempo, quello natalizio, per ripensarci! Solo in questo modo si ravviva la carità, si riaccende il sentimento della presenza e della compagnia di Dio nelle nostre singole esistenze, facilmente esposte a rinchiudersi nell’avvenimento e nella solitudine; talora pesino a lasciarsi sopraffare dalla bruttura del peccato, per la dimenticanza che nel Natale di Cristo siamo redenti e giustificati, che siamo uomini «che Dio ama». Avviene il «mirabile scambio» con Dio: la nostra umanità peccatrice si innesta sulla sua, innocente, e l’uomo si ritrova rigenerato a immagine de Figlio, partecipe della sua dignità e della sua vita immortale. Ciò è espresso anche in un’orazione che volgendosi al Padre afferma: «Cristo ha innalzato l’uomo accanto a te nella gloria».
Nella nostra miopia e nella nostra meschina volontà di professarci autonomi, giungiamo talora a sentire Dio come un rivale, in una possibile conflittualità, quasi che Dio sia geloso della nostra riuscita, dal quale stare in guardia, o a cui dare e riconoscere lo stretto necessario: è una visione atea di Dio. Dio è per la riuscita dell’uomo, che gli sta a cuore come figlio in Gesù Cristo. Se professassimo questa buona notizia, credendoci per davvero e con la certezza che è un messaggio a cui per sua vocazione ogni uomo è disposto, i nostri problemi umani si risolverebbero e ci ritroveremmo riconciliati. Crediamoci, dunque!
Infine c’è un ultimo aspetto che vorrei cogliere. Oggi il Figlio di Dio si avvicina all’uomo – assume la natura umana – nell’umiltà: non in una forza misurata secondo i criteri umani. Il segno della sovranità è sulle spalle di un bambino. «Un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia» i pastori vanno a trovare e ad ammirare su invito degli angeli. La «grande gioia», il «Salvatore che è il Cristo Signore», è qui, in questa povertà e in questo nascondimento; e dei pastori, come simbolo di chi ha il cuore disponibile, lo possono incontrare. La rivelazione di Natale incomincia a spegnersi quando le ci accostiamo, giudicando secondo la sapienza e la potenza di questo mondo. Per questo il Natale è il capolavoro dell’arte della misericordia che ha unito insieme la beatitudine di Dio e la miseria dell’uomo. Nascendo per opera dello Spirito Santo, immacolato dall’immacolata, Cristo purifica i nostri peccati d’origine e istituisce il sacramento della nostra rinascita.
Afferma il cistercense Guerrico d’Igny: «Il Natale è un mistero stupendo: è redenzione dei pii, gloria degli umili, giudizio degli empi, rovina dei superbi. Se non sei arrogante verso la misericordia, non devi aver paura del giudizio. È fonte di dolcezza e di gusto pensare al Dio Fanciullo: non c’è nulla di più potente e di più efficace per guarire, addolcire e lenire i residui rancori, l’amarezza delle parole, l’esperienza della condotta».
Ci auguriamo di vivere questo Santo Natale così. E perché ciò si realizzi occorre che il nostro cuore dica «si» al Signore che vuole nascere in noi e si sintonizzi con la sua volontà, i suoi gusti, le sue scelte. Egli offre la sua vita, la sua salvezza, la sua verità, ma non le impone. Bussa alla nostra porta per donarci i suoi doni, ma non la forza; attende fino all’ultimo nostro giorno che gli apriamo. E a noi non resta altro che accogliere il dono della sua vita immortale.
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IV DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A)
13 Dicembre 2016II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)
12 Gennaio 2017Natale del Signore
È APPARSA LA GRAZIA DI DIO
Oggi accogliamo in festa il Figlio di Dio come Redentore. E lo facciamo tenuti per mano e accompagnati dalla liturgia di queste ore: incominciando dalla vigilia e proseguendo poi per tutta l’ottava, continuiamo per più giorni a contemplare il mistero e a gioirne. Il Natale è un evento di grazia, l’uomo non ha alcun merito: tutta una genealogia precede Gesù di Nazareth e lo inserisce nella linea di Davide e di Abramo; egli nasce da una donna, Maria, tuttavia il principio della sua apparizione è lo Spirito Santo. La maternità viene dalla potenza di Dio, per il quale la verginità diviene feconda. Dio è con noi non perché siamo riusciti ad attrarlo: manca ogni nostro merito.
Questo mi sembra essere il primo tema ricorrente nelle letture bibliche di oggi: «È apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini»; «Quando si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati non per mezzo di opere di giustizia, ma per sua misericordia». Ed ecco giungere il secondo tema ricorrente nell’odierna liturgia della Parola: la misericordia di Dio è davvero universale, riversandosi su ogni uomo che vede la luce del sole. Oserei dire che il valore dell’uomo deriva dal fatto di essere scelto da Dio, voluto semplicemente da lui, per puro amore: «Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e si è incarnato nel seno della Vergine Maria».
Nessuno amerà mai un uomo con l’intensità con cui Dio lo ama. È tempo, quello natalizio, per ripensarci! Solo in questo modo si ravviva la carità, si riaccende il sentimento della presenza e della compagnia di Dio nelle nostre singole esistenze, facilmente esposte a rinchiudersi nell’avvenimento e nella solitudine; talora pesino a lasciarsi sopraffare dalla bruttura del peccato, per la dimenticanza che nel Natale di Cristo siamo redenti e giustificati, che siamo uomini «che Dio ama». Avviene il «mirabile scambio» con Dio: la nostra umanità peccatrice si innesta sulla sua, innocente, e l’uomo si ritrova rigenerato a immagine de Figlio, partecipe della sua dignità e della sua vita immortale. Ciò è espresso anche in un’orazione che volgendosi al Padre afferma: «Cristo ha innalzato l’uomo accanto a te nella gloria».
Nella nostra miopia e nella nostra meschina volontà di professarci autonomi, giungiamo talora a sentire Dio come un rivale, in una possibile conflittualità, quasi che Dio sia geloso della nostra riuscita, dal quale stare in guardia, o a cui dare e riconoscere lo stretto necessario: è una visione atea di Dio. Dio è per la riuscita dell’uomo, che gli sta a cuore come figlio in Gesù Cristo. Se professassimo questa buona notizia, credendoci per davvero e con la certezza che è un messaggio a cui per sua vocazione ogni uomo è disposto, i nostri problemi umani si risolverebbero e ci ritroveremmo riconciliati. Crediamoci, dunque!
Infine c’è un ultimo aspetto che vorrei cogliere. Oggi il Figlio di Dio si avvicina all’uomo – assume la natura umana – nell’umiltà: non in una forza misurata secondo i criteri umani. Il segno della sovranità è sulle spalle di un bambino. «Un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia» i pastori vanno a trovare e ad ammirare su invito degli angeli. La «grande gioia», il «Salvatore che è il Cristo Signore», è qui, in questa povertà e in questo nascondimento; e dei pastori, come simbolo di chi ha il cuore disponibile, lo possono incontrare. La rivelazione di Natale incomincia a spegnersi quando le ci accostiamo, giudicando secondo la sapienza e la potenza di questo mondo. Per questo il Natale è il capolavoro dell’arte della misericordia che ha unito insieme la beatitudine di Dio e la miseria dell’uomo. Nascendo per opera dello Spirito Santo, immacolato dall’immacolata, Cristo purifica i nostri peccati d’origine e istituisce il sacramento della nostra rinascita.
Afferma il cistercense Guerrico d’Igny: «Il Natale è un mistero stupendo: è redenzione dei pii, gloria degli umili, giudizio degli empi, rovina dei superbi. Se non sei arrogante verso la misericordia, non devi aver paura del giudizio. È fonte di dolcezza e di gusto pensare al Dio Fanciullo: non c’è nulla di più potente e di più efficace per guarire, addolcire e lenire i residui rancori, l’amarezza delle parole, l’esperienza della condotta».
Ci auguriamo di vivere questo Santo Natale così. E perché ciò si realizzi occorre che il nostro cuore dica «si» al Signore che vuole nascere in noi e si sintonizzi con la sua volontà, i suoi gusti, le sue scelte. Egli offre la sua vita, la sua salvezza, la sua verità, ma non le impone. Bussa alla nostra porta per donarci i suoi doni, ma non la forza; attende fino all’ultimo nostro giorno che gli apriamo. E a noi non resta altro che accogliere il dono della sua vita immortale.
Mirko Perrucci, Seminarista Teologo, V anno.
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