Omelia Ingresso Mons. Ricchiuti

Presbiteri Diocesani e Religiosi
15 Gennaio 2014

Omelia Ingresso Mons. Ricchiuti

Omelia
per l’Eucaristia d’ingresso
nella diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti

INCIPIT E SALUTI

Sorelle e fratelli carissimi,

di questa Chiesa di Dio che è in Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, la mia giornata è cominciata presto questa mattina allorché, alle ore 7,00, mi sono recato nella splendida Basilica Cattedrale di Acerenza, silenziosa e solenne in quel momento, per una breve sosta orante davanti al SS. Sacramento e all’altare di San Canio, il vescovo e martire patrono di quell’Arcidiocesi.

Poi, come vi raccontavo nel mio primo saluto a questa diocesi alla quale venivo inviato da Papa Francesco il 15 ottobre u.s., ho ridisceso ‘gli spettacolari tornanti’ che portano ad Acerenza, lungo i quali mi ero inerpicato otto anni orsono, ed eccomi qui per mettermi in mezzo a voi e per continuare insieme il cammino, pellegrini e viandanti lungo le nostre strade, sui passi del Signore e su quelli di quanti sperano in Lui, affinché “la misericordi e la verità si incontrino, la giustizia e la pace si abbraccino” (Sal 84).

Non posso non confidarvi i miei sentimenti: la gioia di incontrarvi, unita ad un misto di trepidazione, di emozione e di apprensione, e la consapevolezza di tante attese e di tante speranze riposte non tanto nella mia persona quanto in questa responsabilità dell’essere, a cominciare da oggi, il vostro vescovo.

Vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza, per i tanti “BENVENUTO!” già ricevuti, in primis quello particolarmente toccante dei nostri fratelli, del Direttore e del personale tutto della casa Circondariale di Altamura, la mia prima sosta, e successivamente dal carissimo signor Sindaco, il Dott. Mario Stacca, a nome di questa città e dei sindaci del territorio diocesano.

Grazie, a tutti e a ciascuno di voi qui presenti, per il vostro affetto che avverto profondo e intenso e per quella sensazione che mi fa sentire già a casa!

Sì, mi sento a casa e quindi entrando dico semplicemente: Buongiorno! e idealmente vi abbraccio tutti, a cominciare da te, fratello vescovo Mario, che hai “vigilato” con umiltà, generosità e sapienza, non senza qualche sofferenza, su questa chiesa per 16 anni. Grazie per il bene che mi hai sempre voluto, rimarrai con noi e mi e ci saranno preziosi la tua preghiera e la tua vicinanza.

Abbraccio voi, carissimi fratelli presbiteri (sin da ora grazie per il vostro servizio ecclesiale), diocesani e religiosi, voi diaconi, voi giovani seminaristi del Maggiore e del Minore.

Voi tutte, carissime sorelle claustrali (assenti fisicamente ma in preghiera dai monasteri di Altamura e di Gravina), e voi religiose.

Abbraccio tutte le comunità parrocchiali, le Associazioni e i Movimenti ecclesiali.

Un abbraccio particolarmente affettuoso alle famiglie, ai bambini, ai ragazzi, ai giovani, agli ammalati (dovunque essi siano pazienti, negli ospedali, nelle cliniche o in casa) e agli anziani.

A coloro che sono in questo momento sui vari luoghi di lavoro il mio affettuoso pensiero ed augurio.

Rinnovo il mio saluto, cordialissimo e deferente, alle autorità tutte, civili e militari, che mi onorano della loro presenza e a cui offro sin da ora la disponibilità di questa Chiesa diocesana per collaborare lealmente e reciprocamente per una pacifica e serena convivenza delle nostre comunità.

Abbraccio e saluto anche, e sono certo che me lo consentiranno, quanti sono oggi in qualche modo “lontani” o “indifferenti” a questo evento di gioia per dir loro tutto il mio affetto e il mio rispetto.

Ai presbiteri, ai diaconi e ai fedeli tutti dell’amata Arcidiocesi di Acerenza: grazie per avermi accompagnato questa mattina nella nuova diocesi a me affidata e per quanto ho ricevuto da voi in disponibilità e in generosità verso la mia persona; mi avete tenuto a battesimo come vescovo, vi prometto che non dimenticherò l’esperienza ecclesiale vissuta con voi e per voi in questi otto anni.

Infine, abbraccio anche i miei concittadini, i biscegliesi qui presenti e, in particolare la comunità parrocchiale di S. Maria Madre di Misericordia che ho guidato come parroco per 18 anni: grazie per la vostra amicizia e per la vostra preghiera.

E consentitemi anche di salutare i miei familiari ringraziandoli per quell’affetto che mi portano e che nasce e si approfondisce in quel contesto unico e insostituibile che è la casa, dove siamo nati e che ci ha visti crescere in armonia e in concordia.

La PAROLA

Nello splendore della Natività del Signore, nella contemplazione stupita della maternità divina della Vergine Maria e negli occhi della terra illuminati dal Salvatore siamo invitati a orientare il nostro sguardo e il nostro udito su Colui che ancora una volta ha voluto parlare al cuore della Chiesa e al cuore di ciascuno di noi attraverso la proclamazione dei brani biblici offertici dalla liturgia della Parola di questo sabato 4 gennaio.

Essi ci raccontano di un invito, di un incontro e di una scoperta che a due discepoli di Giovanni il Battista (dei quali uno sarà l’Apostolo Sant’Andrea), incuriositi dalle parole del loro maestro indicanti in Gesù di Nazareth l’Agnello di Dio, accade di vivere.

Noi non sappiamo dove il Signore li abbia condotti, né che cosa si siano detti, né che cosa abbiano visto, certo non si lasciarono spaventare dalla sensazione che quell’uomo andava incontro ad un futuro di sofferenza e di morte (l’agnello era destinato al sacrificio!) né dalla domanda dolce e penetrante allo stesso tempo loro rivolta da Gesù: che cosa cercate?

Lo seguono, Gli chiedono dove Egli abbia una residenza e si avventurano dietro di Lui e si fermano con Lui per quasi tutta la giornata; sulla strada del ritorno incrociano Pietro, fratello di Andrea, con gioia gli comunicano di aver trovato il Messia e lo conducono da Gesù che scruta Pietro, gli cambia il nome e la vita.

Sorelle fratelli carissimi, pongo a me e a voi una domanda: siamo qui riuniti vescovi, presbiteri, diaconi, religiose, religiosi, fedeli laiche e laici; possiamo dire come cristiani e battezzati di aver ‘trovato’ il Messia, cioè di essere nella condizione di discepoli che sanno stare alla sequela del Maestro, cui piace rimanere con Lui, che sentono la loro esistenza davvero trasformata dall’incontro con Gesù, che sanno parlare di Lui e condurre gli altri a questa straordinaria conoscenza?

Il Messia, il Cristo, è lì, nella manifestazione di Gesù nella sua umanità e in quell’annuncio mai udito in quel sabato nella sinagoga di Nazareth allorché nel prendere la parola e commentare il passo di Isaìa (61, 1-3a) Egli dirà avendo addosso gli occhi di tutti: “oggi quella Scrittura si è avverata nei vostri orecchi” (Lc 4, 21).

Una bella notizia di gioia e di speranza per gli afflitti e i disperati, un annuncio di liberazione per i ‘prigionieri’, il prodigio di ciechi che tornano a vedere.

È questa l’esperienza di chiesa che ci aspetta nel cammino dei giorni avvenire: ripensare continuamente alla nostra identità di figli generati da Dio, in Cristo Gesù, purificati e lavati dal gesto di amore ‘fino a morire’ che sulla croce trova la sua più paradossale e autentica motivazione.

Vigilare perché il peccato, cioè il tradimento del Vangelo, non ci veda mai con le mani in pasta, soprattutto quando da figli di Dio e da fratelli nella comune fede in Cristo Gesù siamo tentati dal non comportarci da ‘giusti’ davanti a Dio e dal non far prevalere nelle nostre relazioni il criterio dell’amore fraterno (Gv 3, 10).

IL VESCOVO E LA SUA MISSIONE

Carissimo popolo di Dio che cammini lungo le strade di Altamura, Gravina, Acquaviva delle Fonti, Spinazzola, Santeramo in Colle e Poggiorsini, so bene che la Parola or ora ascoltata e di cui mi sono fatto interprete per voi è diretta a me come primo uditore di questa assemblea e non voglio sottrarmi a questa responsabilità.

Questa Chiesa particolare, per mandato di Papa Francesco, a cominciare da oggi viene affidata a me, vostro vescovo perché io mi prenda cura di voi, vi guidi sulla strada del vangelo, camminando con voi, vigilando su di voi, per difendervi fino a dare la mia stessa vita.

Tutto questo l’ho promesso al Signore il giorno della mia Ordinazione Episcopale: vi invito a pregare ogni giorno per me, perché io non venga mai meno agli impegni assunti davanti a Dio e al suo popolo.

Per primo, ne sono consapevole, devo raccontarvi di aver incontrato il Signore, dando testimonianza dell’essere sempre al posto che mi compete e cioè non davanti a Lui, ma dietro di Lui, nel lasciarmi condurre con fiducia per diventare ogni giorno di più un pastore buono, a immagine di Cristo, Buon Pastore.

E nel camminare insieme con voi dirvi, con gioia, come Andrea confidò a Pietro, che “ho trovato il Messia”, l’aver scoperto che val la pena davvero spendere la propria vita perché ancora oggi, nel nostro tempo, spesso disincantato e rassegnato, il Vangelo resti unico e sicuro punto di riferimento per la Chiesa e germe di speranza per il mondo.

Voglio dirvi però che anch’io in qualche modo, come vescovo, sono stato affidato a voi per quella speciale relazione ecclesiale, piena di umanità e di fede, che vede il popolo di Dio non solo “lasciarsi educare dal suo vescovo ma anche educarlo” (Card. Martini), consentendogli di “profumare di popolo”, ricordando la bellissima immagine del nostro indimenticabile + don Tonino Bello, diventata poi attualissima e insistente nel magistero di Papa Francesco.

Se oggi devo indicarvi uno stile di cammino ecclesiale lasciate che vi dica: raccontiamoci gli uni gli altri in che modo troviamo e scopriamo in Gesù, il Messia, e verifichiamo la nostra capacità di essere portatori di questa buona notizia al mondo perché il mondo possa dire che sono belli i nostri piedi, perché comunicano fiducia e speranza.

Ho appreso a suo tempo, sorelle e fratelli carissimi, e ho letto di recente nel libro che ne ha raccolto la testimonianza dell’evento per il quale tu, fratello vescovo Mario, voi presbiteri e voi operatori pastorali tutti avete lavorato e vi siete impegnati per molto tempo.

Mi riferisco al Sinodo che avete celebrato e le cui conclusioni pastorali ci vedranno ancora pregare, riflettere, pensare e mettere in atto con disponibilità e generosità perché le carte e i fogli si traducano in graduale e paziente rinnovamento della nostra comunità.

Mi affiancherò a voi nel cammino che vede concludersi il piano pastorale triennale (2011-2014) in questo anno come ANNO DELLA CARITÀ: è un bel programma perché la carità è il frutto prelibato del nostro credere e del nostro sperare, racconta di una Chiesa che non teme di avventurarsi per strade ‘pericolose’, ne mostra il volto come di madre e di padre che abbracciano, accarezzano, curano e guariscono.

È il campo, quello della carità, che rende la Chiesa libera dal potere e dalle cose, povera, come Cristo povero, per i poveri, e fa di essa una casa bella e accogliente dove si respira il clima dell’essere ‘un cuor solo e un’anima sola’ per una condivisione autenticamente fraterna.

Torniamo ad essere, contro ogni tentazione di nostalgia che immobilizza e chiude gli orizzonti, viandanti e pellegrini, protesi verso l’incontro con il Signore, in compagnia di questa nostra umanità, capaci di leggere con sguardo di speranza i “segni dei tempi” secondo la felice intuizione del Concilio Ecumenico Vaticano II.

Avviandomi alla conclusione di questa omelia, per proseguire nella celebrazione dell’Eucaristia, vi invito a continuare con me il cammino della diocesi, con l’aiuto del Signore, per edificarla sempre di più come Sua Chiesa.

Ad Acerenza, congedandomi, ho detto che li ringraziavo perché mi hanno tenuto a battesimo come vescovo e mi hanno risposto: vescovo Giovanni, và con Dio, e fa’ attenzione!

A voi, miei fratelli e mie sorelle, chiedo di benedirmi e in nomine Domini, nel nome del Signore continuiamo insieme, come popolo di Dio.

Ci siano compagni di viaggio, luminosi ed esemplari, la Vergine Santissima del Buoncammino, Sant’Irene, San Michele Arcangelo, Sant’Eustachio e tutti i nostri santi patroni.

AMEN. COSI SIA!

Altamura, 04 Gennaio 2014

+ Giovanni Ricchiuti
Arcivescovo-Vescovo di
Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti

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