Diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti Centro Pastorale Diocesano UFFICIO PER LA PASTORALE FAMILIARE |
SINTESI DELLE RISPOSTE ALLE DOMANDE
per la recezione e l’approfondimento
della
Relatio Synodi
Marzo 2015
Parte I – L’ascolto: il contesto e le sfide sulla famiglia
Il contesto socio culturale
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Quali sono le iniziative in corso e quelle in programma rispetto alle sfide che pongono alla famiglia le contraddizioni culturali (cf. nn. 6-7): quelle orientate al risveglio della presenza di Dio nella vita delle famiglie; quelle volte ad educare e stabilire solide relazioni interpersonali; quelle tese a favorire politiche sociali ed economiche utile alla famiglia; quelle per alleviare le difficoltà annesse all’attenzione dei bambini, anziani e familiari ammalati; quelle per affrontare il contesto culturale più specifico in cui è coinvolta la Chiesa locale?
Le iniziative in corso orientate al risveglio di Dio nelle famiglie sono la Lectio divina e l’approfondimento del Magistero. Circa quelle volte ad educare e stabilire relazioni si effettuano Assemblee parrocchiali sotto la forma di ritiri in oasi di spiritualità, campi scuola estivi comunitari e incontri formativi rivolti alle famiglie di tutta la comunità. Circa le iniziative volte a favorire politiche sociali ed economiche utili alla famiglia possiamo elencare attività di sostegno scolastico, in qualche caso anche con servizio mensa e sostegno educativo alle famiglie dei ragazzi. Inoltre sono attivi nelle parrocchie Centri Caritas che offrono ascolto ed un servizio di distribuzione di generi di prima necessità.
Inoltre esistono associazioni di volontari che offrono un sostegno alle persone diversamente abili. In programma esiste uno studio per la creazione di un osservatorio sulle problematiche familiari e creazione di una rete di famiglie solidali a supporto delle famiglie in difficoltà.
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Quali strumenti di analisi si stanno impiegando, e quali i risultati più rilevanti circa gli aspetti (positivi e non) del cambiamento antropologico culturale?(cf. n.5) Tra i risultati si percepisce la possibilità di trovare elementi comuni nel pluralismo culturale?
Il cambiamento antropologico-culturale arriva oggi a mettere in discussione la natura stessa della famiglia che si costruisce mediante il matrimonio. Maggiore cultura, maggiore libertà, aspetti di per sé positivi che spesso sfociano nella arroganza di poter ignorare i valori tradizionali.
La solidarietà è un concetto sempre più sconosciuto ai più.
In famiglia prevale un individualismo esasperato. Non ci si comprende, non si parla più, e non c’è più confronto presi da mille occupazioni e preoccupazioni, talvolta poco importanti.
Si ha difficoltà ad analizzare questi fenomeni in tutta la sua profondità, tuttavia se ne registrano i risultati: di anno in anno si riducono il numero delle coppie che richiedono il sacramento del matrimonio. E tra quelli che ancora lo fanno si percepisce un forte attaccamento al solo aspetto tradizionale.
La riflessione non si è estesa alla possibilità di trovare elementi comuni nel pluralismo culturale.
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Oltre all’annuncio e alla denuncia, quali sono le modalità scelte per essere presenti come Chiesa accanto alle famiglie nelle situazioni estreme? (cf. n. 8). Quali le strategie educative per prevenirle? Che cosa si può fare per sostenere e rafforzare le famiglie credenti, fedeli al vincolo?
Le Parrocchie devono essere sempre più aperte. Creare nelle Parrocchie strutture che possano essere di supporto per tutte le famiglie soprattutto per quelle più in difficoltà. Per esempio, come nei campi scuola estivi, centri aperti tutto l’anno dove poter lasciare in un ambiente sereno gratuitamente o a costi contenuti il proprio figlio. Centri di raccolta e smistamento di alimenti o vestiario. Centri di ascolto per situazioni familiari difficili, per prevenire peggioramenti nei rapporti familiari.
Le famiglie della parrocchia devono sentirsi coinvolte quando vi è una nuova Famiglia nel territorio parrocchiale, senza se e senza ma, evitando i giudizi a priori. Tutta la loro vita matrimoniale non deve essere solo una “questione privata” ma deve coinvolgere tutta la comunità parrocchiale. La comunità non dovrà disinteressarsi delle loro situazioni di difficoltà, di momenti di crisi, e di eventi lieti o tristi.
Una maggiore accoglienza potrebbe portare alcuni genitori a riconsiderare il loro vissuto e provare a trasmettere ai propri figli quei valori a cui loro stessi non hanno pienamente aderito.
Drammatica è considerata la situazione dei divorziati che, credenti, si sono riformati una nuova famiglia stabile e che si vedono esclusi dalla comunione della Chiesa. Dovrebbero poter ricevere i Sacramenti e poter partecipare pienamente alla vita ecclesiale, sempre affiancati da una direzione spirituale da parte di un sacerdote che valuti le singole situazioni.
La Chiesa dovrebbe essere sempre dispensatrice della misericordia; dovrebbe ascoltare le storie e le ferite nascoste nel cuore delle famiglie in difficoltà con l’atteggiamento di accoglienza e di comprensione; spesso invece è stata semplicemente fredda funzionaria del diritto e della norma.
Le strategie educative utili per prevenire situazioni familiari critiche sono quelle che agiscono sui giovani:
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formare i giovani ai valori cristiani anche fuori dall’ambiente ecclesiale, punti di riferimento e, a loro volta, formatori delle nuove generazioni.
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Formazione remota e prossima al matrimonio attraverso l’educazione all’affettività e la discussione di problematiche legate alla vita familiare. I percorsi di formazione dei fidanzati dovrebbero essere seri, impegnativi, per far scoprire ai giovani il senso vero e unico del progetto familiare cristiano rispetto ad altri modelli di famiglia.
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Promuovere l’appartenenza dei ragazzi, dei giovani e delle famiglie alla parrocchia, far sì che si affezionino, cioè che la parrocchia diventi punto di riferimento in modo che si realizzi una formazione permanente.
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Affiancare i ragazzi nell’uso dei mezzi di comunicazione ed educarli al discernimento tra valori e disvalori diffusi da tali strumenti.
Per sostenere e rafforzare le famiglie credenti ritorna il discorso della formazione permanente alla vita cristiana, invitandole ad inserirsi nei diversi cammini di fede che la parrocchia propone ( gruppi famiglie, lectio divinae, gruppi di spiritualità ecc…)
Ci sono poi momenti privilegiati per stimolare le famiglie al completo a partecipare più attivamente alla vita ecclesiale e rafforzare la coscienza del vincolo, quali le occasioni dei Sacramenti (catechesi battesimale, preparazione alla prima Comunione e alla Cresima).
Infine è importante promuovere, oltre la formazione, anche momenti di convivialità per vivere insieme la gioia e occasioni di solidarietà che avvicinano e uniscono sempre.
4. Come l’azione pastorale della Chiesa reagisce alla diffusione del relativismo culturale nella società secolarizzata e al conseguente rigetto da parte di molti del modello di famiglia formato dall’uomo e dalla donna uniti nel vincolo matrimoniale e aperto della procreazione?
La Chiesa risponde al pensiero relativista e secolarista riproponendo con forza il progetto di Dio sulla famiglia e sul matrimonio, anche attraverso la testimonianza gioiosa dei coniugi cristiani che vivono questo progetto ed educando i giovani all’affettività e all’amore.
E’ da notare però che la bellezza e l’esaltazione del progetto familiare cristiano che emerge nei documenti del Magistero, spesso viene indebolita da una pastorale legalista, di giudizio e da un prassi non adeguata alle nuove situazioni.
La chiesa inoltre dovrebbe formare delle figure capaci di ascoltare e affiancare i nuovi emarginati del nostro tempo orientando le azioni della comunità verso di loro.
La rilevanza della vita affettiva
5.In che modo, con quali attività sono coinvolte le famiglie cristiane nel testimoniare alle nuove generazioni il progresso nella maturazione affettiva? (cf. nn. 9-10). Come si potrebbe aiutare la formazione dei ministri ordinati rispetto a questi temi? Quali figure di agenti di pastorale specificamente qualificati si sentono come più urgenti?
Nel confronto tra le nostre famiglie, è emerso che la strada più giusta per aiutare le famiglie di nuova generazione alla maturazione affettiva è solo quella dell’avvicinamento fraterno, testimoniando con la propria vita e facendo trasparire le gioie e le grandi ricchezze della vita matrimoniale. In seguito potrebbe svilupparsi un coinvolgimento nella vita parrocchiale.
Per la formazione dei ministri ordinati, si è ipotizzata la presenza nei seminari di insegnanti laiche di alta professionalità per l’apporto arricchente del punto di vista femminile.
La sfida per la pastorale
6.In quale proporzione, e attraverso quali mezzi, la pastorale familiare ordinaria è rivolta ai lontani? (cf n. 11). Quali le linee operative predisposte per suscitare e valorizzare il “desiderio di famiglia” seminato dal Creatore nel cuore di ogni persona, e presente specialmente nei giovani, snche di chi è coinvolto in situazioni di famiglie non corrispondenti alla visione cristiana? Quale l’effettivo riscontro tra di essi della missione loro rivolta? Tra i non battezzati quanto è forte la presenza di matrimoni naturali, anche in relazione al desiderio di famiglia dei giovani?
La volontà di pianificare una pastorale familiare ordinaria rivolta ai lontani è reale e significativa, ma i mezzi per concretizzarla non sono adeguati né rispetto alla competenza degli operatori pastorali né rispetto alle problematiche dell’esistenza umana segnata dall’individualismo.
Il “desiderio di famiglia” viene veicolato dalle testimonianze delle coppie di sposi, dalle famiglie e dagli operatori pastorali attenti al dialogo con le altre famiglie attraverso contatti diretti.
Il riscontro della missione rivolta ai lontani è minimo in quanto non c’è una continuità nella evangelizzazione.
Sono presenti esperienze di incontri rivolti ai genitori dei bambini frequentanti il catechismo. Queste sono aperte a tutte le famiglie, senza pregiudizio, anche a quelle realtà familiari non regolari.
Parte II – Lo sguardo su Cristo: il Vangelo della famiglia
Lo sguardo su Gesù e la pedagogia divina nella storia della salvezza (nn. 12-14)
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Lo sguardo rivolto a Cristo apre nuove possibilità. «Infatti, ogni volta che torniamo alla fonte dell’esperienza cristiana si aprono strade nuove e possibilità impensate» (n. 12). Come è utilizzato l’insegnamento della Sacra Scrittura nell’azione pastorale verso le famiglie? In quale misura tale sguardo alimenta una pastorale familiare coraggiosa e fedele?
La Sacra Scrittura viene utilizzata nella pastorale familiare, nella preparazione ai sacramenti dell’iniziazione e negli altri momenti della vita comunitaria. Tuttavia, la Parola di Dio non sempre trova eco nella vita quotidiana, risonanza di ciò che è stato proclamato nella liturgia della comunità. Le comunità si muovono in tal senso anche se potrebbero fare di più, perché molte delle famiglie di credenti non leggono quotidianamente la Bibbia, ritenuta difficile per la insufficiente preparazione teologica personale.
La Sacra Scrittura deve essere invece fonte e nutrimento della vita familiare; in essa si trovano conforto e sostegno all’ amore coniugale e filiale. Lo sguardo di Dio alimenta la pastorale familiare nella misura in cui ognuno di noi apre il proprio cuore all’amore di Dio, si lascia penetrare dallo Spirito Santo per poter essere fedeli e operatori coraggiosi, persone che, migliorandosi, sanno migliorare. La Parola di Dio sostiene l’impegno e il servizio.
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Quali valori del matrimonio e della famiglia vedono realizzati nella loro vita i giovani e i coniugi? E in quale forma? Ci sono valori che possono essere messi in luce? (cf. n. 13) Quali le dimensioni di peccato da evitare e superare?
I coniugi vedono realizzati i valori della solidarietà, dell’aiuto reciproco, del sacrificio e della comprensione. I valori della fedeltà, dell’amore oblativo e del perdono possono essere messi in luce perché non sempre perseguiti.
Le dimensioni di peccato da evitare e superare sono quelle dell’individualismo esasperato, della chiusura alla vita, della mancata assunzione di impegni costanti e regolari nel tempo; non si concede inoltre facilmente il perdono e spesso si è vendicativi.
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Quale pedagogia umana occorre considerare – in sintonia con la pedagogia divina – per comprendere meglio ciò che è richiesto alla pastorale della Chiesa di fronte alla maturazione della vita di coppia, verso il futuro matrimonio? (cf. n. 13).
Piuttosto che scindere, bisogna porre in sintonia la pedagogia umana con quella divina, dato che l’ordine della creazione è determinato dall’orientamento a Cristo. Si deve pertanto tendere a fortificare i valori della comprensione, del rispetto reciproco, della pazienza, del donarsi completamente l’uno all’altro. In ragione della pedagogia divina, secondo cui l’ordine della creazione evolve in quello della redenzione attraverso tappe successive, occorre comprendere la novità del sacramento nuziale cristiano in continuità con il matrimonio naturale delle origini.
La crescita spirituale ed umana avviene per tappe: per questo nella vita di coppia un cammino preparatorio verso il futuro matrimonio e’ indispensabile e quanto mai raccomandabile; esso non può prescindere dalla verifica quotidiana della coppia e dall’accoglienza dell’altro, per sua natura diverso e complementare, con i suoi pregi e i suoi difetti, ma soprattutto chiamato alla libertà e alla responsabilità. Inoltre il matrimonio non è una tappa conclusiva del cammino di formazione; con la costituzione della famiglia, infatti, i coniugi vanno accompagnati verso la pienezza dell’essere dono l’uno per l’altro e dell’accoglienza dei figli, tenendo il cuore rivolto alla sorgente del proprio amore che e’ Cristo.
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Che cosa fare per mostrare la grandezza e bellezza del dono dell’indissolubilità, in modo da suscitare il desiderio di viverla e di costruirla sempre di più? (cf. n. 14)
L’indissolubilità del matrimonio è garanzia del fatto che l’amore che i coniugi si promettono non si basa solo sulle doti umane, ma trova le sue fondamenta nella presenza divina che li accompagna nel cammino, guarisce e trasforma il cuore che spesso si indurisce davanti ai limiti dell’altro o davanti alle proprie presunzioni, risponde alle invocazioni rivolte con cuore sincero, custodisce e fa crescere tutto quanto di vero c’è nei propri cuori. Di fronte alla percezione di questa presenza divina non può che generarsi un sentimento di gratitudine e il proposito di continuare il cammino intrapreso senza cedere alle tentazioni di autosufficienza. Il dono della indissolubilità deve essere quindi vissuto con profonda voglia di crescere, all’insegna del confronto continuo e in comunione con la comunità cristiana.
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In che modo si potrebbe aiutare a capire che la relazione con Dio permette di vincere le fragilità che sono inscritte anche nelle relazioni coniugali? (cf. n. 14). Come testimoniare che la benedizione di Dio accompagna ogni vero matrimonio? Come manifestare che la grazia del sacramento sostiene gli sposi in tutto il cammino della loro vita?
Ripartire da Gesù Cristo e dalla Sua storia di salvezza, che accompagna il cammino dell’uomo guarendo e trasformando i cuori induriti. Per superare le fragilità umane insite in ogni coppia e avvertire il sostegno della grazia sacramentale, bisogna ripartire dalla Parola del Signore, che deve essere vissuta con umiltà e profondità in ogni istante del cammino terreno, paragonando gli episodi narrati nella Bibbia e nel Vangelo con l’esperienza personale che ciascuno fa: non si tratta di insegnare una dottrina ma di comprendere che l’umanità e la misericordia di cui sono piene le pagine del Vangelo sono anche per noi e non solo per le persone che hanno vissuto ai tempi di Gesù.
La benedizione divina al sacramento matrimoniale è testimoniata dal fatto che lo stesso Figlio Unigenito fatto uomo ha avuto una famiglia ed Egli stesso ha benedetto gli sposi di Cana. Quindi più che una testimonianza basterebbe un’osservazione schietta e sincera della realtà: gli sposi che sono sostenuti dalla grazia di Dio sono gioiosi nonostante le difficoltà di tutti i giorni e sanno accorgersi quando nel loro cammino stanno smarrendo il significato del sacramento, nello stesso tempo in cui la stessa gioia non è più nei loro cuori. Questo non vuol dire che la grazia abbia smesso di sostenere il cammino ma semplicemente che devono essere coscienti della loro fragilità ed invocare il dono della grazia.
La famiglia nel disegno salvifico di Dio (nn. 15-16)
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Come si potrebbe far comprendere che il matrimonio cristiano corrisponde alla disposizione originaria di Dio e quindi è un’esperienza di pienezza, tutt’altro che di limite? (cf. n. 13)
Bisogna recuperare il concetto di “dono” del sacramento del matrimonio e che il precetto “quello che Dio ha congiunto, l’uomo non separi” (Mt, 19,6) non è da intendere come “giogo” imposto bensì come suggello dell’amore coniugale.
Si avverte oggi più che mai la necessità di ritornare, anche all’interno della famiglia, allo spirito che ha animato i primi cristiani, caratterizzato dalla preghiera e dalla vita comunitaria. Ciò consentirà alla famiglia cristiana di essere testimonianza attiva e segno di speranza nel mondo. Avendo la consapevolezza che solo Dio fa crescere il seme, si possono proporre all’interno delle comunità dei piccoli cenacoli di famiglie che si formino anche attraverso il magistero della Chiesa per prendere maggiore consapevolezza del ruolo della famiglia nella casa, nella Chiesa e nel mondo.
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Come concepire la famiglia quale “Chiesa domestica” (cf. LG 11), soggetto e oggetto dell’azione evangelizzatrice al servizio del Regno di Dio?
A volte l’uomo perde fiducia nella stessa Chiesa quando essa non vive il Vangelo della carità. La famiglia “Chiesa domestica” deve avere un ruolo essenziale nella azione di evangelizzazione, facendosi essa stessa diretta annunciatrice del Vangelo e coerente testimone nella vita. Dovrà pertanto andare incontro alle altre famiglie annunciando Cristo prima di tutto con il proprio esempio di vita , incentrata sulla gioia della fede, sull’ascolto della Parola di Dio e sulla preghiera coniugale e familiare. Avrà attenzione, in particolare, per le coppie di giovani sposi che spesso, dopo il matrimonio, non sono destinatari di adeguata cura pastorale.
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Come promuovere la coscienza dell’impegno missionario della famiglia?
Nell’attuale clima di smarrimento sociale e spirituale, si avverte il bisogno di persone che sappiano, con carità e gioia, essere testimoni di Cristo senza troppe parole ma con gesti concreti di vicinanza alle diverse povertà morali, spirituali, fisiche e materiali.
La famiglia nei documenti della Chiesa (nn. 17-20)
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La famiglia cristiana vive dinanzi allo sguardo amante del Signore e nel rapporto con Lui cresce come vera comunità di vita e di amore. Come sviluppare la spiritualità della famiglia, e come aiutare le famiglie ad essere luogo di vita nuova in Cristo? (cf. n. 21)
Le famiglie possono essere aiutate nel quotidiano stabilendo con loro un contatto semplice e sincero che deve portare alla fiducia negli altri e nella Chiesa. La partecipazione alla celebrazione eucaristica è fondamentale. Le famiglie andrebbero aiutate con catechesi e testimonianze delle stesse famiglie che attraverso il dialogo e la condivisione di esperienze di vita quotidiana portino all’ascolto attento della parola di Dio per trasferirla in ogni luogo dove la famiglia è protagonista.
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Come sviluppare e promuovere iniziative di catechesi che facciano conoscere e aiutino a vivere l’insegnamento della Chiesa sulla famiglia, favorendo il superamento della distanza possibile fra ciò che è vissuto e ciò che è professato e promuovendo cammini di conversione?
Solo se c’è fiducia in chi promuove le iniziative (sacerdoti e responsabili) sarà possibile avviare cammini di conversione che portino le famiglie a credere e a vivere gli insegnamenti della Chiesa, donando il proprio tempo libero, coinvolgendo i distratti e i lontani, promuovendo attività di gruppo nella semplicità, riscoprendo la bellezza della Parola di Dio dalla quale ogni famiglia possa trarre le risposte ai tanti “perché”. Le catechesi svolte durante gli incontri dei gruppi famiglia devono avere oltre ai momenti formativi, grandi spazi di confronto con la realtà in cui le famiglie vivono quotidianamente.
Per creare e sviluppare una spiritualità della famiglia che sia alimento e testimonianza, c’è necessità pertanto di guide spirituali, cioè di sacerdoti e famiglie esemplari che all’interno delle comunità valorizzino, educhino e formino alla vita cristiana. Ciò può avviare una conversione per attrazione: la testimonianza di vita di questi fratelli e sorelle più maturi nella fede, come i primi discepoli, può provocare e accrescere quella conoscenza e conversione di altre famiglie che vedono in loro la gioia di una vita evangelica, nonostante le difficoltà della vita.
L’indissolubilità del matrimonio e la gioia del vivere insieme (nn. 21-22)
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Quali sono le iniziative per far comprendere il valore del matrimonio indissolubile e fecondo come cammino di piena realizzazione personale? (cf. n. 21)
Sin dalle catechesi dei giovanissimi e dei giovani, si devono affrontare tematiche che riguardano l’educazione alla responsabilità, la relazione con gli altri, la scoperta dei sentimenti, l’affettività, la rinuncia al proprio Io, l’amore che Dio ha verso di noi, la bellezza dell’amore, che non è altro che il dono verso l’altro, il fare il bene dell’altro. E’ questa la grande scoperta che ci porta successivamente a pensare di condividere la nostra vita con la persona che si ama.
Si ritiene di grande rilevanza, inoltre, un percorso formativo costante e sistematico che non debba riguardare soltanto la fase prematrimoniale ma, soprattutto, i primi anni di vita della coppia: è impensabile, infatti, che le giovani coppie, con tutte le insidie che oggi minacciano l’unità familiare, possano essere lasciate allo “sbaraglio”.
E’ opportuno, quindi, che si passi da un corso di preparazione al matrimonio a un vero e proprio percorso che accompagni la coppia una volta formatasi.
La sacralità del matrimonio, il matrimonio come vocazione, la promozione della relazione di coppia, la libertà di scelta, gli impegni umani, civili e cristiani, sono concetti che, affrontati durante i corsi prematrimoniali, devono poi tradursi in vere e proprie fondamenta cristiane del matrimonio stesso. Per realizzare questo obiettivo la coppia ha bisogno di essere aiutata soprattutto nei primi anni in cui solitamente scricchiola. E’ qui che entrano in gioco iniziative che devono coinvolgere l’intera comunità parrocchiale e in particolare le coppie esperte. Pensiamo a tutte quelle occasioni che durante l’anno pastorale possano mettere in relazione le famiglie della parrocchia. Non solo le classiche catechesi, ma favorire soprattutto quei momenti di libero confronto e scambio di esperienze durante viaggi e pellegrinaggi, ritiri o semplici incontri conviviali. Il valore del matrimonio indissolubile e fecondo non deve riguardare soltanto la coppia ma l’intera Chiesa oggi più che mai famiglia di famiglie.
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Come proporre la famiglia come luogo per molti aspetti unico per realizzare la gioia degli esseri umani?
Proporre la famiglia come luogo ideale in cui l’uomo e la donna diventano stretti collaboratori di Dio. Legati, infatti, dal vincolo sacramentale del matrimonio, i coniugi, donandosi reciprocamente, trasmettendo e accogliendo la vita, partecipano all’opera creatrice di Dio.
Proporre, inoltre, la famiglia come una vera e propria palestra in cui le diverse generazioni si incontrano e si aiutano per raggiungere una crescita completa e per meglio armonizzare i diritti personali con le altre esigenze della società.
Partecipare al progetto divino da un lato e favorire, dall’altro, la formazione di una società sempre più imperniata sui valori cristiani e del bene comune riteniamo siano due compiti della famiglia che la rendono luogo ideale per realizzare la gioia degli esseri umani.
Ogni membro della famiglia, in ogni luogo che frequenta quotidianamente, nella scuola, sul lavoro, con gli amici, deve far trasparire tutta la gioia di appartenere ad una famiglia intesa come luogo dove non si è mai soli, dove trovare sempre qualcuno che ti ascolta, dove ognuno si prende cura dell’altro; il luogo dove si sperimenta la gioia del donare e non del ricevere.
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Il Concilio Vaticano II ha espresso l’apprezzamento per il matrimonio naturale, rinnovando una antica tradizione ecclesiale. In quale misura le pastorali diocesane sanno valorizzare anche questa sapienza dei popoli, come fondamentale per la cultura e la società comune? (cf. n. 22)
La domanda concerne due profili di approfondimento.
Intanto, bisogna partire da concetto di “matrimonio naturale”. Naturale vuol dire “facente parte della natura umana”, ossia ciò che, essenzialmente, connota l’essere umano, in tutti i tempi e in tutti i luoghi. Tanti aspetti della vita umana cambiano e possono mutare nel corso del tempo, non la natura umana, che resta sempre la stessa. Pertanto, la verità e la validità di un matrimonio, per la Chiesa, dipendono integralmente dal rispetto delle sue caratteristiche naturali. In questo senso, le caratteristiche del matrimonio naturale sono: l’eterosessualità, la monogamia, l’indissolubilità e la fecondità.
Il primo profilo di approfondimento è se le pastorali diocesane sanno valorizzare queste caratteristiche del matrimonio naturale. Il secondo profilo riguarda il fatto che il matrimonio naturale o almeno alcuni suoi aspetti sono certamente presenti anche nelle culture dei popoli (anche i non cristiani).
Perciò si tratta di verificare come i cammini pastorali riescono a valorizzare questa comune sapienza dei popoli.
Ad entrambe le domande la risposta non è incoraggiante, in quanto, abituati a considerare le verità del matrimonio naturale come aspetti scontati, ricevuti per tradizione, solo recentemente ci stiamo rendendo conto che esistono punti di vista differenti, che mettono in discussione realtà finora intoccabili. Come pure, ci sembra che i cammini pastorali siano ancora impreparati a confrontarsi con le culture straniere presenti in mezzo a noi.
Verità e bellezza della famiglia e misericordia verso le famiglie ferite e fragili (nn. 23-28)
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Come aiutare a capire che nessuno è escluso dalla misericordia di Dio e come esprimere questa verità nell’azione pastorale della Chiesa verso le famiglie, in particolare quelle ferite e fragili? (cf. n. 28)
La Chiesa deve avere piena consapevolezza del dolore che pervade l’esistenza delle famiglie ferite e fragili; dolore talora originato da decisioni condivise, spesso invece forzatamente subito da scelte non proprie. Preso atto di ciò, l’azione pastorale deve tendere a lenire tale sofferenza, annunciando la misericordia di Dio in cui trovare conforto e salvezza.
Il primo passo da compiere è dunque quello di incontrare queste famiglie non comunitariamente ma singolarmente, per stabilire rapporti umani di accoglienza e ascolto che diano avvio ad un dialogo in cui giungere a parlare della misericordia di Dio.
Per una piena comprensione di questo mistero d’amore, resta fondamentale il ruolo dei Sacramenti. Si deve ribadire la loro funzione di “segni” della grazia divina, evitando che siano percepiti come premio, per una vita coerente agli insegnamenti della Chiesa, o come punizione nel caso di situazioni irregolari e, quindi, come esclusione. Si fa riferimento in particolare a quello che talora viene percepito dalle persone divorziate e risposate con riferimento al divieto di accesso ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia.
Si ritiene, pertanto, che la Chiesa, nel pieno rispetto delle verità evangeliche e della dottrina, debba eseguire una azione di discernimento in merito alla esclusione generalizzata dalla mensa eucaristica di chi vive fuori della grazia del matrimonio, individuando situazioni in cui, dopo specifici percorsi penitenziali e formativi, consentire loro di comunicarsi. Si pensi al caso dei genitori divorziati che vogliano accompagnare i figli nella celebrazione della prima comunione: l’impossibilità di avvicinarsi congiuntamente alla Eucaristia potrebbe essere motivo di sofferenza per i piccoli e/o causa di pregiudizi da parte dei fedeli presenti nell’assemblea liturgica. Tali sentimenti potrebbero motivare la scelta di non avvicinare le nuove generazioni ai primi sacramenti.
La partecipazione a tali percorsi penitenziali e formativi consentirebbe, altresì, di individuare situazioni di reale sofferenza a cui la comunione eucaristica apporterebbe il giusto sollievo spirituale.
Segni di accoglienza e misericordia potrebbero essere anche la previsione di regolari e specifici momenti liturgici in cui i divorziati e risposati possano fare la comunione spirituale. Tali momenti liturgici dovrebbero avere valenza comunitaria, in modo che i fratelli e le sorelle ferite possano condividere e ricevere la preghiera della intera comunità, avvertendone la vicinanza.
Piste di azione possono essere quindi le seguenti:
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la comunità intera sia luogo di apertura ed accoglienza, in cui si sperimenti un atteggiamento di vicinanza e di reciproca misericordia;
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il catechismo sia occasione per una più approfondita conoscenza delle realtà familiari di bambini e ragazzi;
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i gruppi famiglia si aprano alla conoscenza del territorio e delle realtà familiari che lo abitano;
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i sacerdoti spieghino e diffondano la pratica della ‘comunione spirituale’ per chi non può accostarsi alla comunione sacramentale;
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privilegiare il coinvolgimento di queste persone ferite e fragili nelle iniziative di carità, perché da un protagonismo solidale può maturare un rinnovato senso di fiducia nella vita.
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Come possono i fedeli mostrare nei confronti delle persone non ancora giunte alla piena comprensione del dono di amore di Cristo, una attitudine di accoglienza e accompagnamento fiducioso, senza mai rinunciare all’annuncio delle esigenze del Vangelo? (cf. n. 24)
Si ritiene utile incentivare un atteggiamento di accoglienza privo di (pre)giudizi verso chi vive tali situazioni o provenga da famiglie ferite. Questi, ove lo vogliano, devono essere pienamente inseriti nelle comunità dei credenti (parrocchie, associazioni, movimenti,…), consentendo loro di offrire il proprio contributo all’azione salvifica della Chiesa a cui devono ugualmente sentirsi chiamati, pur nel rispetto della dottrina che non consente loro il generalizzato accesso alla comunione Eucaristia (cfr supra)
Preliminare a tutto ciò è promuovere nei fedeli e nello stesso clero l’attitudine alla comprensione e all’accoglienza. Tali atteggiamenti devono essere chiaramente raccomandati dalla gerarchia ecclesiastica, diffondendo il concetto di Papa Francesco di una Chiesa “ospedale da campo” che, nella battaglia della vita, deve saper essere “tenda” per chi è alla ricerca di un “punto di soccorso” da raggiungere “con le proprie gambe”, oppure “barella” che raccoglie e trasporta al conforto della fede chi, “ferito” dai disastri della vita, necessita di aiuto per muovere verso la salvezza.
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Che cosa è possibile fare perché nelle varie forme di unione – in cui si possono riscontrare valori umani – l’uomo e la donna avvertano il rispetto, la fiducia e l’incoraggiamento a crescere nel bene da parte della Chiesa e siano aiutati a giungere alla pienezza del matrimonio cristiano? (cf. n. 25)
La Chiesa deve prendere in considerazione le forme di unione in cui si evidenziano, tra l’uomo e la donna, rispetto e fiducia, valorizzando questi aspetti umani (che la Chiesa stessa promuove) per far comprendere che in essi ci sono i presupposti dell’unione sacramentale.
Si è consapevoli comunque che per tali coppie esistono maggiori difficoltà nell’azione pastorale. Infatti, tali unioni si realizzano spesso tra persone lontane dagli ambiti ecclesiali, agnostiche o la cui fede è sopita dalla lunga lontananza dalla Chiesa, circostanze per le quali consapevolmente non hanno santificato la loro unione con il sacramento del matrimonio.
Possono essere di ostacolo alla scelta di celebrazione del matrimonio cristiano anche le consuetudini consumistiche associate al matrimonio (feste, bomboniere, etc), oggi più che mai non alla portata di tanti e che inducono molte giovani coppie a vivere insieme rinviando la celebrazione del sacramento. Tali superficiali costumi possono essere superati con una rinnovata evangelizzazione che riaffermi le autentiche verità della fede con atteggiamenti di sobrietà in primis nella vita del clero e dei laici praticanti.
Verso tali fratelli e sorelle può risultare efficace una azione pastorale in occasione del battesimo dei figli nati da tali unione. Tale Sacramento è spesso ancora richiesto alle parrocchie per “tradizione” o in ragione di una fede latente; oppure può essere proposto quale attività di ”primo annuncio”, divenendo comunque occasione di relazioni personali in cui proporre il matrimonio sacramentale.
Parte III – Il confronto: prospettive pastorali
Annunciare il Vangelo della famiglia oggi, nei vari contesti (nn. 29-38)
23. Nella formazione dei presbiteri e degli altri operatori pastorali come viene coltivata la dimensione familiare? Vengono coinvolte le stesse famiglie?
Secondo i più non si ha la netta percezione che nella formazione dei presbiteri venga approfondita la dimensione familiare. Per gli altri operatori pastorali, invece, la formazione è più ampia anche se rimane ad un livello teologico e/o catechetico.
Per entrambi, comunque, non si tiene conto della dimensione familiare con le sue proprie peculiarità, difficoltà e le sue preoccupazioni ordinarie.
Tranne sporadiche esperienze, le famiglie non vengono coinvolte nel processo formativo.
Si auspica una formazione esperienziale vissuta dai sacerdoti con le famiglie.
24. Si è consapevoli che il rapido evolversi della società esige una costante attenzione al linguaggio nella comunicazione pastorale? Come testimoniare efficacemente la priorità della grazia, in maniera che la vita familiare venga progettata e vissuta quale accoglienza dello Spirito Santo?
Si assiste ad un aumento di disaffezione verso la vita parrocchiale. Manca la comunicazione tra parrocchia e famiglia , manca la sensibilità alla comunicazione: non si usa un linguaggio alla portata di tutti. Si predilige un linguaggio “clericale”, ma non concreto. Il linguaggio come efficace mezzo di comunicazione non è curato.
La testimonianza della priorità della grazia viene valorizzata attraverso lo scambio delle esperienze di vita che ogni famiglia vive e con la partecipazione attiva alla vita della comunità parrocchiale.
La passione per gli altri nasce dalla passione di se stessi.
25. Nell’annunciare il vangelo della famiglia come si possono creare le condizioni perché ogni famiglia sia come Dio la vuole e venga socialmente riconosciuta nella sua dignità e missione? Quale “conversione pastorale” e quali ulteriori approfondimenti vanno attuati in tale direzione?
Innanzitutto è necessario una conversione pastorale. Bisogna privilegiare in maniera prioritaria i tempi in cui la famiglia può avvicinarsi alla parrocchia: la maggior parte delle famiglie non sono disponibili a partecipare ad incontri di catechesi. Bisogna curare meglio i momenti in cui la famiglia si avvicina alla parrocchia per accompagnare i propri figli al catechismo. Riscoprire la Parola di Dio e non altro come momento di riferimento per lo sviluppo della propria fede
Inoltre, le condizioni perché ogni famiglia sia come Dio la vuole non possono essere relegate solo al sacerdote o solo in parrocchia: si possono realizzare creando o incrementando centri di ascolto in cui operano persone competenti in ogni campo che possano sostenere, aiutare e trasmettere le proprie esperienze di vita, partendo dal confronto con la Parola di Dio.
26. La collaborazione al servizio della famiglia con le istituzioni sociali e politiche è vista in tutta la sua importanza? Quali i criteri a cui ispirarsi? Quale ruolo possono svolgere in tal senso le associazioni familiari ? Come tale collaborazione può essere sostenuta anche dalla denunzia franca dei processi culturali ,economici e politici che minano alla realtà familiare ?
Non è presente una organizzazione capillare che possa cogliere i bisogni delle famiglie, né da parte dei gruppi famiglia, né di altri organismi associati.
I gruppi famiglia, inoltre, faticano a coordinarsi a livello cittadino per interagire con i processi culturali, economici e politici: è probabile che non si pongono ancora tali obiettivi, in maniera organizzata e consapevole
Seppur ci sono esperienze legate a specifiche attività missionarie o associative, quali la Caritas, si rende auspicabile, pertanto, creare una rete ed un lavoro di insieme tra associazioni ed istituzioni al fine di garantire una migliore e dignitosa assistenza.
Le istituzioni sociali e politiche non si prendono molta cura della famiglia.
Si rende pertanto necessario un coordinamento o attraverso associazioni già riconosciute (forum delle famiglie) o mediante incarico preciso e circostanziato da affidare alla pastorale familiare al fine di farsi portavoce delle problematiche che attanagliano la famiglia in continua evoluzione.
27. Come favorire una relazione fra famiglia – società e politica a vantaggio della famiglia ? Come promuovere il sostegno della comunità internazionale e degli Stati alla famiglia?
La relazione tra famiglia – società e politica può essere attuata attraverso un maggiore impegno politico da parte delle famiglie stesse.
Guidare i nubendi nel cammino di preparazione al matrimonio Accompagnare i primi anni della vita matrimoniale
28. Come i percorsi di preparazione al matrimonio vanno proposti in maniera da evidenziare la vocazione e missione della famiglia secondo la fede in Cristo? Sono attuati come offerta di un’autentica esperienza ecclesiale? Come rinnovarli e migliorarli?
Il percorso di preparazione al matrimonio dovrebbe aiutare i fidanzati soprattutto a riflettere sull’indissolubilità del matrimonio cristiano. Per questo il gruppo deve essere formato da poche coppie per dare la possibilità al sacerdote e alle coppie guida di conoscere bene i fidanzati: prediligere la relazione, l’ascolto e la testimonianza diretta e non la catechesi. Ricorrere a figure esperte in mediazione familiare e a garantire la presenza di coppie mature che possano dare testimonianza del loro percorso di vita familiare e di fede.
29. Come la catechesi di iniziazione cristiana presenta l’apertura alla vocazione e missione della famiglia? Quali passi vengono visti come più urgenti? Come proporre il rapporto tra battesimo – eucaristia e matrimonio? In che modo evidenziare il carattere di catecumenato e di mistagogia che i percorsi di preparazione al matrimonio vengono spesso ad assumere? Come coinvolgere la comunità in questa preparazione?
Molti giovani che stanno per sposarsi sono lontani dalla Chiesa e dai Sacramenti, molti arrivano al percorso dopo anni di assenza e diventa difficile parlare loro di castità, fedeltà, indissolubilità.
Occorre un ruolo più consapevolmente responsabile della comunità che possa facilitare la possibilità di creare le condizioni per far vivere a tali giovani coppie un “anno esperienziale” in una comunità parrocchiale che mostri la propria vivacità nel vivere la propria fede e la vita comunitaria della parrocchia.
Pertanto, un atteggiamento accusatorio e critico ferisce e allontana ancora di più questi ragazzi. Le coppie guida devono essere per loro non un esempio di perfezione, ma di testimonianza vera che trasmetta come si sono messi in gioco e mostri come hanno risolto i loro problemi ricorrendo all’aiuto del Signore rimanendo insieme ,soprattutto nei momenti difficili.
Importante è considerato il loro coinvolgimento anche nella varie esperienza liturgiche così come l’impegno a seguirli nel loro percorso vocazionale anche dopo il loro matrimonio, così come i momenti di fraternità.
30. Sia nella preparazione che nell’accompagnamento dei primi anni di vita matrimoniale viene adeguatamente valorizzato l’importante contributo di testimonianza e di sostegno che possono dare famiglie, associazioni e movimenti familiari? Quali esperienze positive possono essere riportate in questo campo?
Sicuramente associazioni, gruppi famiglia e movimenti familiari sono esperienze positive di confronto, di testimonianza senza escludere esperienze di vera amicizia che si matura durante tali percorsi. Si avverte l’urgenza di affiancare queste nuove coppie, non solo nel periodo del per-corso di fidanzamento, ma anche e soprattutto durante i primi anni di vita matrimoniale.
È bello e fondamentale avere la testimonianza delle coppie della comunità. Positiva per le giovani coppie è l’esperienza di incontrarsi una volta al mese per condividere insieme un cammino a partire dalla realtà quotidiana
31. La pastorale di accompagnamento delle coppie nei primi anni di vita familiare – è stato osservato nel dibattito sinodale – ha bisogno di ulteriore sviluppo. Quali le iniziative più significative già realizzate? Quali gli aspetti da incrementare a livello parrocchiale, a livello diocesano o nell’ambito di associazioni e movimenti?
Un cammino di fede dopo il matrimonio è importante, perché serve a confrontarsi e ad uscire dal proprio isolamento, ma gli argomenti trattati devono riguardare la vita delle giovani coppie, per non spegnere il loro entusiasmo iniziale. In effetti molti iniziano ma poi rinunciano.
La pastorale di accompagnamento delle coppie nei primi anni di vita familiare potrebbe essere incrementata formando gruppi di giovani coppie affiancate da una equipe composta da: sacerdote, coppia con più esperienza e coppia con pochi anni di matrimonio.
Cura pastorale di coloro che vivono nel matrimonio nel matrimonio civile o in convivenze (nn. 41-43)
32.Quali criteri per un corretto discernimento pastorale delle singole situazioni vanno considerati alla luce dell’insegnamento della Chiesa, per cui gli elementi costitutivi del matrimonio sono unità, indissolubilità e apertura alla procreazione?
La parrocchia non sempre conosce la reale situazione delle famiglie del territorio, poiché ha perso la dimensione missionaria e aspetta che la gente entri in Chiesa piuttosto che andare loro incontro.
Non si ha la consuetudine di avvicinare coppie che vivono il matrimonio civile o la convivenza per timore di violare la loro vita privata, o perché non si conoscono le giuste modalità.
È necessario continuare a testimoniare il Vangelo del Matrimonio, raccontare la bellezza del desiderio di fare famiglia con tutti i dubbi, le paure e le gioie di una vita insieme, che si costruisce giorno per giorno.
33. La comunità cristiana è in grado di essere pastoralmente coinvolta in queste situazioni? Come aiuta a discernere questi elementi positivi e quelli negativi della vita di persone unite in matrimoni civili in maniera da orientarle e sostenerle nel cammino di crescita e di conversione verso il sacramento del matrimonio? Come aiutare chi vive in nelle convivenze a decidersi per il matrimonio?
Sorgono più interrogativi che risposte.
Non tutti sono in grado di dare testimonianza: bisogna essere più attenti alla missionarietà, a creare le condizioni per un buon clima di convivenza in comunità per essere più convincenti quando si accolgono nuove persone; il nostro atteggiamento è più incline ad essere critico o poco caritatevole.
La gente percepisce una discordanza tra quello che la Chiesa afferma circa il matrimonio (”l’uomo non separi quello che Dio ha unito”) e quello che la Chiesa concede ai sacerdoti con la dispensa dal celibato e ai religiosi con la professione temporanea, per cui si può fare un passo indietro senza sentirsi ed essere giudicati peccatori.
È necessario far conoscere la Parola di Dio, il Vangelo del matrimonio e favorire momenti di condivisione con le coppie di fatto e con quelle sposate civilmente.
34.In maniera particolare, quali risposte dare alle problematiche poste dal permanere delle forme tradizionali di matrimonio a tappe o combinato tra famiglie?
Affrontare in maniera costruttiva, mai con pregiudizi, dando l’ opportunità di un cammino di discernimento.
Maggiore attenzione del parroco e della comunità a cogliere situazioni di avvicinamento, come, per esempio, la richiesta del battesimo per i figli da parte di coppie conviventi.
Curare le famiglie ferite (nn. 44-54)
35. La comunità cristiana è pronta a prendersi cura delle famiglie ferite per far sperimentare loro la misericordia del Padre? Come impegnarsi per rimuovere i fattori sociali ed economici che spesso la determinano. Quali passi compiuti e quali da fare per la crescita di questa azione e della consapevolezza missionaria che la sostiene?
La comunità non è pronta a prendersi cura delle famiglie ferite perché ci sono molti pregiudizi e non sempre la struttura parrocchiale è “attrezzata” per aiutare tali famiglie.
Bisogna ridefinire in maniera più consapevole le responsabilità della comunità.
E’ necessario riscoprire i valori dell’accoglienza, della condivisione, della carità, oltre ad una adeguata formazione. Aggregare a livello cittadino figure competenti per la realizzazione di un consultorio familiare.
Il Sinodo può essere sicuramente un tempo per rivedere costruttivamente la pastorale familiare.
36. Come promuovere l’individuazione di linee pastorali condivise a livello di Chiesa particolari? Come sviluppare al riguardo il dialogo tra le diverse Chiese particolari “cum Petro e sub Petro”?
Promuovere e approfondire la conoscenza delle Sacre Scritture, la ricca tradizione della vita delle chiese, consapevoli che la diversità è ricchezza e che l’unità non si identifica con l’uniformità. Accogliere in pienezza lo spirito del Concilio Vaticano II, la luce che proviene dal Magistero dei papi e dei vescovi e la vitalità espressa dalle comunità e dai movimenti per azione dello Spirito santo.
37. Come rendere più accessibili e agili, possibilmente gratuite, le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità?
Aprendo uno sportello d’ascolto con operatori familiari che accolgano, ascoltino e aiutino a individuare i presupposti per chiedere l’annullamento del matrimonio e le indicazioni sulle procedure. E’ certamente importante la figura di consulenti familiari per aiutare la coppia a vivere la crisi come momento costruttivo per la loro crescita personale.
38. La pastorale sacramentale nei riguardi dei divorziati risposati necessita di un ulteriore approfondimento, valutando anche la prassi ortodossa e tenendo presente ” la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti”. Quali le prospettive in cui muoversi? Quali i passi possibili? Quali suggerimenti per ovviare a forme di impedimenti non dovute o non necessarie?
Per i divorziati è sicuramente necessario distinguere i vari casi.
Si potrebbe pensare ad un cammino di discernimento, sotto la guida di un sacerdote, durante il quale si dà la possibilità al divorziato di confrontarsi o di rigenerare il proprio cammino di fede.
39. La normativa attuale permette di dare risposte valide alle sfide poste dai matrimoni misti e da quelli interconfessionali? Occorre tenere conto di altri elementi?
E’ abbastanza conservatrice per quanto riguarda la fede cattolica.
Si dubita dell’efficacia dei matrimoni misti, specialmente con persone di fede islamica.
L’attenzione pastorale verso le persone con tendenza omossessuale (nn. 55-56)
40. Come la comunità cristiana svolge la sua attenzione pastorale alle famiglie che hanno al loro interno persone con tendenza omossessuale? Evitando ogni ingiusta discriminazione, in che modo prendersi cura delle persone in tali situazioni alla luce del Vangelo? Come proporre loro le esigenze della volontà di Dio sulla loro situazione?
Si richiede rispetto e delicatezza.
Non si hanno esperienza tali da proporre delle linee di riferimento.
La trasmissione della vita e la sfida della denatalità (nn. 57-59)
41. Quali i passi più significativi che sono stati fatti per annunziare e promuovere efficacemente la apertura alla vita e la bellezza e la dignità umana del diventare madre o padre, alla luce ad esempio della Humanae Vitae del Beato Paolo VI? Come promuovere il dialogo con le scienze e le tecnologie biomediche in maniera che venga rispettata l’ecologia umana del generare?
Si ritiene l’apertura alla vita una esigenza dell’amore coniugale. Si è consapevoli della propria missione anche se a volte il fattore economico e l’incertezza del futuro incidono pesantemente sulle scelte. È necessaria una maggiore informazione circa la regolazione naturale delle nascite. Il dialogo con le scienze e le tecnologie biomediche deve tener conto delle situazioni particolari e quindi è necessaria una maggiore attenzione verso le coppie che si affidano a tali tecniche.
42. Una maternità/paternità generosa necessita di strutture e strumenti. La comunità cristiana vive un’effettiva solidarietà e sussidiarietà? Come? E’ coraggiosa nella proposta di soluzioni valide a livello anche socio-politico? Come incoraggiare alla adozione e all’affido quale segno altissimo di generosità feconda? Come promuovere la cura e il rispetto dei fanciulli?
La comunità cristiana ha bisogno di cammini formativi per sostenere l’accoglienza, l’ascolto e l’aiuto concreto anche economico di quelle famiglie che scelgono l’adozione o l’affido come forma di apertura alla vita.
La dimensione socio-politica non sempre prende in considerazione tali problematiche.
Non si hanno ancora scelte coraggiose.
43. Il cristiano vive la maternità/paternità come risposta a una vocazione. Nella catechesi è sufficientemente sottolineata questa vocazione? Quali percorsi formativi vengono proposti perché essa guidi effettivamente le coscienze degli sposi? Si è consapevoli delle gravi conseguenze dei mutamenti demografici?
La vocazione del cristiano alla maternità-paternità responsabile è sostenuta dai cammini di preparazione al matrimonio che dovrebbero continuare durante il matrimonio.
Successivamente i percorsi formativi non sempre affrontano in maniera organica tale problematica.
44. Come la Chiesa combatte la piaga dell’aborto promuovendo un’efficace cultura della vita?
Le famiglie cristiane, con la particolare sensibilità delle donne e madri, sono vicine alle ragazze che, prematuramente, restano in stato di gravidanza sostenendole psicologicamente e materialmente ad accogliere il bambino. Nei casi in cui non è possibile l’accoglienza nella famiglia di origine, è presente in diocesi una casa di accoglienza, gestita da consacrate, ove ragazze madri o spose abbandonate ricevono sostegno, aiuto e una nuova speranza di vita.
Anche nelle parrocchie si sono via via strutturati dei momenti, come la benedizione delle donne in stato di gravidanza o la celebrazione della giornata della vita, che rafforzano la motivazione a scegliere la vita e creano una rete di solidarietà.
La sfida dell’educazione e il ruolo della famiglia nell’evangelizzazione) n.60-61
45. Svolgere la loro missione educatrice non è sempre agevole per i genitori: trovano solidarietà e sostegno nella comunità Cristiana? Quali percorsi formativi vanno suggeriti? Quali passi compiere perché il compito educativo dei genitori venga riconosciuto anche a livello socio-politico?
2 incontri: 1° Febbraioristallo
La famiglia delega, nella maggior parte dei casi, alla comunità il ruolo di evangelizzare i figli perché è venuto meno la trasmissione delle fede ai figli e, più in generale, la responsabilità educativa dei genitori è sempre più relegata a ruoli marginali. In questo è necessario formare le famiglie sensibilizzarle nelle problematiche educative.
Solo avendo un parroco e famiglie coinvolgenti e preparate all’interno della comunità, si può avere più solidarietà e sostegno per aiutare le famiglie nel loro impegno educativo. ( Lectio, Scuola per genitori, preparazione dei genitori in prossimità dei sacramenti dei loro figli ecc.),
Vanno suggeriti percorsi esperienziali guidati da esperti (cineforum, dibattiti, sollecitazioni culturali).
Oggi, la difficoltà maggiore è quella di mettere in relazione famiglia ed istituzione, anche se il ruolo principale nella trasmissione delle fede spetta ai genitori. Non solo, occorre che la politica delimiti alcuni ambiti educativi vissuti all’interno di altri istituzioni (scuola), coinvolgendo anche le famiglie nelle proposte culturali. Inoltre deve tutelare in maniera chiara altri ambiti che devono essere di esclusiva competenza della famiglia (al fine di evitare la facile diffusione di modelli culturali non condivisi quali la cultura gender).
46. Come promuovere nei genitori e nella famiglia cristiana la coscienza del dovere della trasmissione della fede quale dimensione intrinseca alla stessa identità cristiana?
Le giovani coppie vanno sostenute chiedendo loro di continuare il cammino fatto per la preparazione al matrimonio con il corso dei fidanzati, per essere preparati a diventare genitori responsabili nella trasmissione della fede ai propri figli. La Chiesa è chiamata nelle sue diverse articolazioni e proposte pastorali a prendersi cura delle coppie e delle famiglie. Avvicinare la chiesa ai quartieri, facendola diventare una chiesa in uscita, senza tralasciare l’importanza del luogo sacro. Nella società attuale tante sono le opportunità offerte alle famiglie come sostegno, ma ai genitori è chiesto di non delegare a nessuno il compito di formare le coscienze dei propri figli, perché la famiglia è il primo nucleo dove ogni persona impara a relazionarsi con gli altri e con il mondo.