Quante cose succedono nella nostra vita: nasciamo, cresciamo, ci innamoriamo, formiamo una famiglia, educhiamo dei figli; proviamo gioie e dolori, coltiviamo sogni e speranze…Poi un giorno sembra tutto concludersi nel nulla della morte. Tutto finisce, tutto scompare. S’interrompono i dialoghi d’amore, gli affetti, i rapporti con le persone care. Torniamo nel nulla dal quale ci ha tratto un gesto d’amore dei nostri genitori? Davvero Dio ha creato l’uomo per un destino cosi crudele?
Ci troviamo ormai nella parte finale dell’anno liturgico, durante la quale le letture bibliche ci ricordano le grandi realtà che ci attendono alla fine della vita e della storia. Una di queste è appunto quella che ci viene ricordata dalla Parola di Dio di questa XXXII Domenica del Tempo Ordinario: la risurrezione del nostro corpo alla fine della storia.
Nella prima lettura ritroviamo la storia di una madre e i suoi sette figli costretti dall’empio Antioco Epifane ad abbandonare la fede e la pratica religiosa dei loro padri e perciò sono sottoposti alla persecuzione e alla tortura. Il brano di oggi riferisce le risposte coraggiose date al re dai primi quattro fratelli: sono una professione di fede nella risurrezione dei morti. Ma la concezione della risurrezione dell’Antico Testamento è ancora molto imperfetta, perché la immaginavano come un prolungamento della vita di questo mondo, nulla più.
Il brano evangelico ci racconta l’episodio in cui un giorno si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei, i quali negavano la risurrezione, e gli posero il caso della donna alla quale era capitato di sposare, uno dopo l’altro, sette fratelli. «Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Lo scopo di questa domanda pare evidente, i sadducei non vogliono tanto conoscere la verità quanto piuttosto avere un pretesto di accusa nei suoi confronti. Gesù cerca di far loro capire che queste situazioni di necessità e di limite nel mondo futuro saranno superate. Coloro che si saranno resi degni della vita eterna, e quindi anche della risurrezione, vivranno come angeli in cielo.
Il Signore ci sta dicendo che siamo stati creati non per la morte ma per la vita e la risurrezione fa parte integrante di questa vita eterna, a cui siamo destinati. È vero, facciamo tanta fatica a capire come si svolgerà la vita con Dio quando saremo risorti anche col corpo, ma la fede ci dà la certezza che dopo la morte, l’uomo continua a vivere. La vita eterna, e quindi anche la risurrezione, non saranno altro che lo sbocciare pienamente di quel germe di vita divina, che Dio ci ha donato attraverso il battesimo ed ha sviluppato mediante l’Eucaristia. Quindi è senz’altro una verità misteriosa, ma si capirà sempre meglio nella misura in cui si vivrà la vita attuale come un cammino verso il compimento, cioè una vita che tende alla santità vivendo nella carità. Per Gesù la risurrezione sarà riservata alle persone pure, cioè a coloro che avranno saputo vivere come angeli fin da questa terra. Ma la purezza che intende Gesù è la purezza della carità, è la purezza del vero dono di sé; è la purezza di una vita vissuta in un amore libero da ogni egoismo. Per cui tutti siamo chiamati alla risurrezione, perché tutti siamo chiamati a questa purezza dell’amore in quella vocazione a cui il Signore ci ha CHI-AMATI
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Commemorazione di tutti i defunti
31 Ottobre 2016XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C
12 Novembre 2016XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
UNA VITA CHE TENDE ALLA SANTITÀ
Quante cose succedono nella nostra vita: nasciamo, cresciamo, ci innamoriamo, formiamo una famiglia, educhiamo dei figli; proviamo gioie e dolori, coltiviamo sogni e speranze…Poi un giorno sembra tutto concludersi nel nulla della morte. Tutto finisce, tutto scompare. S’interrompono i dialoghi d’amore, gli affetti, i rapporti con le persone care. Torniamo nel nulla dal quale ci ha tratto un gesto d’amore dei nostri genitori? Davvero Dio ha creato l’uomo per un destino cosi crudele?
Ci troviamo ormai nella parte finale dell’anno liturgico, durante la quale le letture bibliche ci ricordano le grandi realtà che ci attendono alla fine della vita e della storia. Una di queste è appunto quella che ci viene ricordata dalla Parola di Dio di questa XXXII Domenica del Tempo Ordinario: la risurrezione del nostro corpo alla fine della storia.
Nella prima lettura ritroviamo la storia di una madre e i suoi sette figli costretti dall’empio Antioco Epifane ad abbandonare la fede e la pratica religiosa dei loro padri e perciò sono sottoposti alla persecuzione e alla tortura. Il brano di oggi riferisce le risposte coraggiose date al re dai primi quattro fratelli: sono una professione di fede nella risurrezione dei morti. Ma la concezione della risurrezione dell’Antico Testamento è ancora molto imperfetta, perché la immaginavano come un prolungamento della vita di questo mondo, nulla più.
Il brano evangelico ci racconta l’episodio in cui un giorno si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei, i quali negavano la risurrezione, e gli posero il caso della donna alla quale era capitato di sposare, uno dopo l’altro, sette fratelli. «Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Lo scopo di questa domanda pare evidente, i sadducei non vogliono tanto conoscere la verità quanto piuttosto avere un pretesto di accusa nei suoi confronti. Gesù cerca di far loro capire che queste situazioni di necessità e di limite nel mondo futuro saranno superate. Coloro che si saranno resi degni della vita eterna, e quindi anche della risurrezione, vivranno come angeli in cielo.
Il Signore ci sta dicendo che siamo stati creati non per la morte ma per la vita e la risurrezione fa parte integrante di questa vita eterna, a cui siamo destinati. È vero, facciamo tanta fatica a capire come si svolgerà la vita con Dio quando saremo risorti anche col corpo, ma la fede ci dà la certezza che dopo la morte, l’uomo continua a vivere. La vita eterna, e quindi anche la risurrezione, non saranno altro che lo sbocciare pienamente di quel germe di vita divina, che Dio ci ha donato attraverso il battesimo ed ha sviluppato mediante l’Eucaristia. Quindi è senz’altro una verità misteriosa, ma si capirà sempre meglio nella misura in cui si vivrà la vita attuale come un cammino verso il compimento, cioè una vita che tende alla santità vivendo nella carità. Per Gesù la risurrezione sarà riservata alle persone pure, cioè a coloro che avranno saputo vivere come angeli fin da questa terra. Ma la purezza che intende Gesù è la purezza della carità, è la purezza del vero dono di sé; è la purezza di una vita vissuta in un amore libero da ogni egoismo. Per cui tutti siamo chiamati alla risurrezione, perché tutti siamo chiamati a questa purezza dell’amore in quella vocazione a cui il Signore ci ha CHI-AMATI
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