XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO anno B – Gv 6,60-69
La parola di DIO, parola di vita eterna
Questa volta il Signore cerca di capire chi è davvero dalla sua parte, premesso che già è a conoscenza della situazione interiore di ciascuno degli apostoli e dei discepoli, leggendo di fatto nei loro pensieri e nei loro cuori, e domanda se vogliono continuare a stare con Lui o andarsene via, come già alcuni avevano fatto. La sua parola, l’essere vicino a lui non è un gioco, o l’ esperienza di una giornata, ma ci vuole fedeltà, costanza, forte impegno. Gesù chiede ai suoi discepoli la totale disponibilità al suo progetto di salvezza, alla sua persona. Chiede, in altri termini, la fede, la fiducia
non di un istante, ma per sempre. Il discorso di Gesù sul pane di vita provoca inquietudine fra i discepoli: “questa parola è dura, chi può ascoltarla?” (v. 60). Spesso anche noi, investiti da una simile crisi, non compiamo fino in fondo
il bene. Ciò perché siamo convinti che la fede è una conquista personale oppure un evento riservato a pochi. Il rischio è perdere la via tracciata dal Maestro, vivere secondo le apparenze e non concentrarsi sulla nostra reale necessità: maturare nella fede attraverso l’incontro con l’Altro.
Gesù, rivolgendosi ai suoi discepoli, afferma che l’uomo da solo non riesce ad aprirsi al dono di Dio, che consiste nella rivelazione del Figlio: le sue parole “sono spirito e vita”, perciò, è Gesù che permette al credente, animato dallo Spirito, di incontrarlo (v.63). La verità offerta dal Figlio, quindi, non è una semplice parola, un pensiero che rimane nel vago: è un Io, un corpo, che si rivolge ad un tu, un appello che richiede una risposta dell’uomo. Il cammino di fede del credente, dunque, deve essere caratterizzato da una continua, instancabile ricerca del volto di Dio; tale cammino richiede sacrificio, conversione: essere trasformati dalla grazia, avere fede, significa modificarsi continuamente e non accontentarsi delle “cose superficiali”.
Il brano del Vangelo di Giovanni ribadisce, pure, che il dono della fede è concesso a tutti, in ogni istante della vita. Infatti, l’esistenza di Gesù è stata la manifestazione della bontà del Padre, il pane di vita consegnato all’uomo attraverso la predicazione del Figlio. La sua parola nell’eucaristia diviene cibo, alimento per i credenti di tutti i tempi: è un pane che deve essere assimilato, gustato, con una penetrazione progressiva di fede nella rivelazione attuata da Cristo Gesù. Di fronte alla scelta di Dio e di Cristo nella nostra vita è lecito domandare oggi a noi ciò che Gesù chiede a Pietro, sapere dalla sua viva voce cosa intendono fare per il futuro poiché diversi discepoli per la parola coraggiosa ed impegnativa di Cristo lo hanno abbandonato. “Volete andare via anche voi?” (v. 67). Pietro interviene ed esprime il suo pensiero e la sua prospettiva di vita in compagnia del Maestro: “Signore da chi andremo tu solo hai parole di vita eterna”. Aveva capito che il linguaggio di Cristo era di ben altra consistenza rispetto ai tanti maestri del suo tempo.
Egli ha un orizzonte di eternità che prospetta ai suoi fidati amici. Ecco perché che chi era in qualche modo giàentrato nella dinamica della grazia e del dono della fede, conta su Gesù, investe su di Lui, scommette sulla sua persona non per una vincita di un premio per un premio che ha sapore di eternità. La parola di Cristo li affascina e senza quella Parola, cioè senza Dio (Gesù Cristo è la Parola di Dio, è il Verbo, la Parola Incarnata) non si può vivere. Non c’è più orientamento, non ci sono più certezze, tutto diventa precario, soggettivo, relativo, ognuno va per la sua strada.
Colui il quale vuole accostarsi al discorso religioso a Dio, non può farlo solo con la ragione ma è necessario partire dalla fede. Noi come Pietro dobbiamo riconoscere che Cristo è “il Santo di Dio”, cioè Dio stesso in persona che è presente nel mondo e che ritornerà da dove è venuto.
Cristo educa alla fede vera, indirizza verso il nucleo centrale della dottrina che Lui è venuto a far conoscere: è luce che illumina è maestro che forma e guida alla verità. Egli chiede fedeltà e coerenza.
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non di un istante, ma per sempre. Il discorso di Gesù sul pane di vita provoca inquietudine fra i discepoli: “questa parola è dura, chi può ascoltarla?” (v. 60). Spesso anche noi, investiti da una simile crisi, non compiamo fino in fondo
il bene. Ciò perché siamo convinti che la fede è una conquista personale oppure un evento riservato a pochi. Il rischio è perdere la via tracciata dal Maestro, vivere secondo le apparenze e non concentrarsi sulla nostra reale necessità: maturare nella fede attraverso l’incontro con l’Altro.
Gesù, rivolgendosi ai suoi discepoli, afferma che l’uomo da solo non riesce ad aprirsi al dono di Dio, che consiste nella rivelazione del Figlio: le sue parole “sono spirito e vita”, perciò, è Gesù che permette al credente, animato dallo Spirito, di incontrarlo (v.63). La verità offerta dal Figlio, quindi, non è una semplice parola, un pensiero che rimane nel vago: è un Io, un corpo, che si rivolge ad un tu, un appello che richiede una risposta dell’uomo. Il cammino di fede del credente, dunque, deve essere caratterizzato da una continua, instancabile ricerca del volto di Dio; tale cammino richiede sacrificio, conversione: essere trasformati dalla grazia, avere fede, significa modificarsi continuamente e non accontentarsi delle “cose superficiali”.
Il brano del Vangelo di Giovanni ribadisce, pure, che il dono della fede è concesso a tutti, in ogni istante della vita. Infatti, l’esistenza di Gesù è stata la manifestazione della bontà del Padre, il pane di vita consegnato all’uomo attraverso la predicazione del Figlio. La sua parola nell’eucaristia diviene cibo, alimento per i credenti di tutti i tempi: è un pane che deve essere assimilato, gustato, con una penetrazione progressiva di fede nella rivelazione attuata da Cristo Gesù. Di fronte alla scelta di Dio e di Cristo nella nostra vita è lecito domandare oggi a noi ciò che Gesù chiede a Pietro, sapere dalla sua viva voce cosa intendono fare per il futuro poiché diversi discepoli per la parola coraggiosa ed impegnativa di Cristo lo hanno abbandonato. “Volete andare via anche voi?” (v. 67). Pietro interviene ed esprime il suo pensiero e la sua prospettiva di vita in compagnia del Maestro: “Signore da chi andremo tu solo hai parole di vita eterna”. Aveva capito che il linguaggio di Cristo era di ben altra consistenza rispetto ai tanti maestri del suo tempo.
Egli ha un orizzonte di eternità che prospetta ai suoi fidati amici. Ecco perché che chi era in qualche modo giàentrato nella dinamica della grazia e del dono della fede, conta su Gesù, investe su di Lui, scommette sulla sua persona non per una vincita di un premio per un premio che ha sapore di eternità. La parola di Cristo li affascina e senza quella Parola, cioè senza Dio (Gesù Cristo è la Parola di Dio, è il Verbo, la Parola Incarnata) non si può vivere. Non c’è più orientamento, non ci sono più certezze, tutto diventa precario, soggettivo, relativo, ognuno va per la sua strada.
Colui il quale vuole accostarsi al discorso religioso a Dio, non può farlo solo con la ragione ma è necessario partire dalla fede. Noi come Pietro dobbiamo riconoscere che Cristo è “il Santo di Dio”, cioè Dio stesso in persona che è presente nel mondo e che ritornerà da dove è venuto.
Cristo educa alla fede vera, indirizza verso il nucleo centrale della dottrina che Lui è venuto a far conoscere: è luce che illumina è maestro che forma e guida alla verità. Egli chiede fedeltà e coerenza.
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